Eloda Rossi blog

I – LE DIMENSIONI DELL’ARCHITETTURA

Questo articolo è il risultato di una collaborazione tra l’architetto Salvo Cimino e me. Ringrazio molto il collega, a cui devo finanche l’idea su cui abbiamo lavorato, per aver mosso verso quel dibattito professionale da me tanto auspicato.

 

Arte e Percezione Visiva, direbbe Rudolf Arnheim. Saper vedere l’Architettura, direbbe Bruno Zevi.

Vorremmo provare ad andare oltre le straordinarie intuizioni che Arnheim e Zevi hanno avuto, ognuno con proprie prerogative, nel ragionare sulle dimensioni spaziali di alcune arti visive e di quelle plastiche. Vorremmo tentare una ricerca oltre la prospettiva, verso una nuova dimensione.

D’altro canto, i relazionati temi della percezione e delle dimensioni fisico/percettive sono talmente interessanti e straordinariamente complessi da aver sempre richiamato le interpretazioni di matematici, letterati, filosofi, paesaggisti, psicologi, artisti. Gli architetti, consapevolmente o meno, devono affrontarli ogni giorno.

La Prima Dimensione, quella lineare o puntuale, non appartiene all’arte in genere (a meno di alcune esternazioni recenti – un esempio in campo pittorico, con una dose di flessibilità, potrebbe essere dato dagli squarci di Fontana), mentre e per certi versi appartiene alla restituzione architettonica. Una semplice linea potrebbe significare molte cose.

La Seconda Dimensione appartiene alle arti pittoriche e decorative su base piana, ma anche alla restituzione architettonica, ossia al disegno tecnico. In ambedue i casi, benché l’immagine risulti bidimensionale, l’immaginario porta oltre, verso altre dimensioni.

La Terza Dimensione – lunghezza, larghezza e profondità – inizia a richiamare il concetto di punto di vista. La tridimensionalità appartiene all’arte scultorea, a quelle pittorica e fotografica solo se ci si riferisce alla percezione della rappresentazione (la quale resta bidimensionale) e, ovviamente, all’architettura. Un disegno assonometrico è una restituzione tridimensionale. Un edificio è un oggetto tridimensionale.

La Quarta Dimensione oltrepassa i canoni della realtà e richiama, a pieno titolo, la memoria. Superare lunghezza, larghezza e profondità, implica l’introduzione di una nuova coordinata. In geometria, tale coordinata è necessaria a individuare la posizione dei diversi punti di riferimento (la restituzione prospettica supera la tridimensionalità). Nell’arte in genere, come in filosofia, questa nuova coordinata è il tempo. I punti di vista si moltiplicano, vengono percepiti in momenti differenti e la memoria deve garantire il collegamento tra essi. La pittura e le arti grafiche si sono difese con il cubismo, unico appiglio alla simultanea restituzione di differenti punti di vista su un piano. L’architettura non ha avuto bisogno di mutare. Se ci si sposta intorno a un oggetto di architettura (ma anche di scultura), la percezione d’insieme, diluita in un tempo più o meno lungo, è affidata alla memoria.

E fin qui ci siamo, al di là delle articolazioni e degli approfondimenti che ogni ricercatore o pensatore ha voluto affrontare. Adesso proviamo a ragionare, stimolati dall’intuizione di Zevi, secondo cui le quattro dimensioni non sono sufficienti a contenere lo spazio interno (dell’architettura), quello spazio che non può essere rappresentato compiutamente in nessuna forma, che non può essere appreso e vissuto se non per esperienza diretta. Ma è pur vero – ci si conceda – che l’introduzione del tempo e della memoria, dunque della capacità sensoriale, già produce risultati percettivi individuali. Allora, perché non pensare a una nuova dimensione?

La N Dimensione – quella dimensione percettiva che moltiplica n volte la tridimensionalità e richiama non solo il tempo (superando la Quarta Dimensione), ma anche spazio e velocità – è solo dell’architettura. Capiamo: l’architettura è l’arte che si penetra, si percorre, si fruisce. L’oggetto architettonico è fatto per essere vissuto e, passando dall’esterno all’interno, i riferimenti percettivi si moltiplicano, cambiano, avvolgono, inglobano l’essere e restituiscono sensazioni proporzionali alla capacità sensoriale individuale. La memoria possiede sì un ruolo decisivo, ma tanto più efficace quanto più esercitata alla contrazione dei ricordi in un susseguirsi di istanti. È velocità percettiva all’interno dello spazio architettonico, in gioco tra vuoti e pieni, perfino istantaneamente modificata dalla presenza umana.

Vengono in aiuto le teorie di Aldo Masullo, grande filosofo contemporaneo, sui temi di spazio, tempo e velocità all’interno di edifici con differenti destinazioni. Il frenetico andirivieni di una stazione ferroviaria non è uguale al silente movimento di una sala di lettura. Il dinamismo altera (o modifica) la percezione spaziale e, per esempio, ci appare differente una stazione nelle ore di punta rispetto a quelle notturne.

Regina Architettura, governi ogni ambito della percezione ed eserciti la mente. Sei insuperabile.

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