Elodia Rossi

N. 6 – Il Progetto di una Chiesa

Questa è l’ultima delle sintetiche riflessioni sulla “Costruzione di un Progetto”. Sebbene il risultato progettuale formale della Chiesa è già stato affidato al precedente articolo, qui intendo introdurre brevi considerazioni su altre componenti progettuali: le posizioni dei Poli Liturgici principali, le componenti d’aerazione e di riscaldamento, le scelte strutturali relazionate alla forma definitiva.

 

Le scelte relative alla posizione dei Poli Liturgici principali, del campanile e dei locali annessi alla Chiesa. Inoltre, qualche nota sui materiali di rifinitura

Pianta P.T. Complesso Chiesa

Per chiarezza, faccio riferimento alla Pianta sopra riportata.

L’Ambone è pensato in posizione aggettante, quale evocazione del rapporto formale/funzionale tra la Parola e l’assemblea.

Il Presbiterio, in posizione terminale, delineato dal basamento dell’altare, presenta una pannellatura più stretta delle contigue, così da ospitare un unico evocativo simbolo a croce marmorea allungata.

Sulla sinistra dell’area presbiterale è posta la Sacrestia, con l’insieme dei locali necessari all’espletamento delle funzioni pastorali.

Alla destra, come già detto, è posta la Cappella del Santissimo (o Cappella feriale), avente un rapporto funzionale/formale diretto con il Presbiterio stesso, tramite un’apertura vetrata che permette la visione del Tabernacolo anche dall’Aula Liturgica.

Posizione Cappella Feriale

Sul retro dell’edificio, come da CEI, sono posti i locali serventi allo sgombero di oggetti e strumenti vari e alla preparazione dell’addobbo floreale.

All’esterno, in posizione laterale all’accesso principale, s’erge il campanile, secondo un disegno di spinta contemporaneità che mira alla suggestione mistica e all’impatto visivo. Richiama, attraverso le forme filamentose laterali (dm 100 mm per ciascun filamento), la scelta operata per l’ampio portone d’ingresso. Un ulteriore elemento cilindrico, impostato sul medesimo basamento della torre campanaria, porta la croce imponente, ancora metallica (dm 300 mm). L’altezza complessiva della torre campanaria è di ml 15,00; mentre la croce culmina all’altezza di ml 19,00. Tutti gli elementi metallici sono pensati preverniciati di bianco opaco.

Vista lato campanile

La pavimentazione, dipanandosi verso l’esterno, crea un rapporto evocativo tra Sacrato e Aula Liturgica. La pavimentazione interna, tramite un disegno estetico progettato per la celebrazione di Misteri, conferisce alla posizione dell’Altare Maggiore il ruolo di fulcro ascensionale posto all’interno del Presbiterio. Questo si concreta nella creazione di elementi di rottura, quali i grandi basamenti dei poli funzionali liturgici, pensati in lastre marmoree naturali e appena sopraelevati rispetto al calpestio, in maniera da accogliere fonti luminose in basso e di grande effetto.

La copertura dell’edificio di culto ha differenti altezze dovute alle differenti posizioni degli ambienti: il corpo dell’aula liturgica con le sue variazioni evocative della capanna ebraica a diverse intersecazioni, la Cappella del Santissimo posta al lato destro dell’ingresso principale e retrostante esso (in lineare corrispondenza dell’altare maggiore), la Canonica posta al lato sinistro dell’ingresso in posizione retrostante, il luogo delle confessioni posto anticipatamente rispetto alla Cappella e significante la conclusione del percorso di penitenza segnato dalle stazioni della Via Crucis.

Le pavimentazioni interne sono studiate in resina da calpestio. Si è scelto un colore con gradazioni di avorio, così da creare un’atmosfera di armonia complessiva. La colatura della resina, a effetto spatolato, conforma un pavimento a lastra unica. Non sono previsti battiscopa, al fine di dare continuità con i setti a faccia vista per l’intera altezza.

 

Aerazione e riscaldamento

Per l’aula liturgica e i locali annessi è stato necessario assicurare un ricambio naturale d’aria, facilitando l’apertura e la chiusura degli infissi, secondo le disposizioni CEI, e garantendo un accurato controllo per evitare fonti localizzate di condensa.

Pur non essendo necessari impianti di riscaldamento sofisticati, data la breve permanenza dell’assemblea all’interno dell’Aula Liturgica, si è comunque scelto di assicurare una soddisfacente climatizzazione, evitando correnti d’aria, rumorosità e negativi impatti estetici. Interessante è l’impiego di elementi riscaldanti a effetto rapido, soprattutto per la grande Aula, conseguibili attraverso l‘impiego di fonti radianti appositamente studiate per funzioni liturgiche. Si tratta di piccoli corpi radianti, da posizionare lateralmente e il alto (con l’aiuto della travatura reticolare), molto potenti e immediati sia per la fase di riscaldamento che per quella del raffreddamento. Per approfondimenti sulla tecnologia e sui costi, consiglio di visionare il web alla pagina http://www.spazioimpianti.it/riscaldamento-chiese.

 

Acustica

La posizione del coro è intermedia, tra assemblea e Presbiterio.

La distribuzione degli elementi di amplificazione è progettata utilizzando un certo numero di fonti terminali di ridotta dimensione, così da privilegiare la diffusione in tutti gli spazi utili, riducendo le intensità eccessive che determinerebbero alterazioni dei suoni in ambienti chiusi.

 

L’impianto strutturale definitivo

Affidato all’architetto Ettore Ventrella, cui si deve una lode, l’impianto strutturale ha necessariamente preso corpo a seguito della definizione architettonica. Al di là delle scelte iniziali di impiego del calcestruzzo armato, la complessità formale dell’impianto ha determinato una considerevole fase di studio e di confronto tra noi progettisti dell’architettonico e lo strutturista. Le variabili in gioco sono state molte e la sfida maggiore è stata quella di gestire le travi di collegamento in elevazione, così da evitare distorsioni alla forma estetica. Ma questo è un discorso lungo e complesso.

Qualunque approfondimento, lo ripeto, sarà affidato all’ebook che pubblicherò su questo blog prossimamente.

N. 5 – Il Progetto di una Chiesa

Senza girarci troppo intorno, data la contrazione espressiva che richiede un articolo, tramite qualche render vi mostro il risultato formale delle attività progettuali architettoniche relative alla Chiesa.

Ogni approfondimento, come più volte detto, sarà riportato nell’ebook.

Chiesa: vista frontale diurna

 

Chiesa: vista frontale notturna

 

Le due immagini del fronte, l’una diurna e l’altra notturna, mostrano la responsabilità che possiede il gioco illuminante all’interno di questo progetto. Ma si tratta di una Chiesa e, per sua funzione, il rapporto con la luce assume sostanziale importanza.

Le fessurazioni finestrate (con costante larghezza pari a cm 28 circa, e a differenti notevoli altezze: da cm 700 a cm 1100 circa per l’Aula Liturgica principale), oltre a contribuire alla restituzione della segmentazione delle forme singole a Sukkà (richiamandone l’evocazione), definiscono rapporti di luce tra interno ed esterno dell’edificio. Concetto che vale anche per le fessurazioni orizzontali, poste a segmentare la copertura dell’edificio.

Chiesa: vista interna Aula Liturgica

Questa nuova renderizzazione mostra l’interno dell’Aula Liturgica e la logica scelta per l’illuminazione. Sostanzialmente, abbiamo adottato tre tipologie di corpi illuminanti:

  1. quelli a terra e incassati nella pavimentazione, con proiezione dal basso, e posti in corrispondenza delle fessurazioni finestrate,
  2. quelli a sospensione, che utilizzano le assi della travatura reticolare per il passaggio dei cavi e la distribuzione all’interno dell’Aula,
  3. quelli a faretto direzionale, nascosti all’occhio del fruitore e destinati all’illuminazione puntuale e suggestiva dei Poli Liturgici: Altare, Ambone, Fonte Battesimale, Sede del Celebrante, oltre che Tabernacolo (questo posizionato all’interno della Cappella Feriale, come da norme CEI).

Il gioco degli incroci di fasci di luce è stato possibile attraverso l’impiego di faretti multipli. Un particolare magnetismo percettivo è affidato al Crocifisso marmoreo e monocromatico posizionato in fondo al Presbiterio. Qui abbiamo scelto di utilizzare luce artificiale proveniente dal basso, luce naturale proveniente dai lati e dall’alto, quest’ultima anche incanalata nel parallelepipedo generato dall’impennata dei setti della Chiesa, laddove raggiunge la sua massima altezza.

Chiesa: vista d’insieme dal retro

L’immagine renderizzata del retro della Chiesa mostra la posizione, tra l’altro, del corpo della Cappella Feriale e di quello del Luogo per le Confessioni. Il confronto tra questa immagine e l’analoga precedentemente riportata nell’articolo “Un Progetto: la Forma”, suggerisce quali miglioramenti siano intervenuti nel corso della fase di perfezionamento formale.

Propongo una riflessione sul tema del rapporto tra scelte formali e materiali. Già precedentemente ne ho parlato, chiarendo le motivazione dell’impiego del calcestruzzo armato, con additivi coloranti per una restituzione tendente al bianco.

Ma anche l’impiego della travatura, quale elemento strutturale, trova una relazione esplicita con aspetti funzionali (l’uso dei cavi perla distribuzione dei corpi illuminanti) e, ovviamente, formali.

E cosa dire della sagomatura laterale dei pannelli di copertura per la raccolta delle acque meteoriche?

Tanti possono essere gli esempi e altrettante le relazioni.

Insomma: forma e funzione, struttura e materiali, sono rapporti che generano un’interfaccia continua con i valori dell’estetica.

N. 4 – Il Progetto di una Chiesa

Quarta riflessione pratica per la “Costruzione di un Progetto”: la scelta dei materiali.

Dunque parlerò brevemente del percorso di analisi e di scelta dei principali materiali di costruzione . Chiarisco che la scelta dei materiali è derivata da motivi di riflessione lungo tutto il periodo di costruzione del progetto. Averne raccolto, seppur sinteticamente, i risultati in un solo articolo ha costituito una mera necessità illustrativa.

La scelta accorta dei materiali, ricordatelo, è condizione di successo di ogni progetto.

La forma adottata per la Chiesa richiamava due possibilità a livello strutturale. L’una era costituita dall’impiego del cemento armato, l’altra dall’uso del solo acciaio. Avere chiarezza fin da subito di quale strada avrebbe intrapreso lo strutturista, rappresentava una necessità per poter ragionare attentamente su alcuni elementi di perfezionamento della forma complessiva e delle rifiniture.

Vincolati dalla spesa disponibile per l’edificazione, seppur a malincuore abbiamo dovuto cedere all’uso del calcestruzzo armato per fondazioni e strutture in elevazione, fatta salva la copertura. A questo punto, ci siamo orientati al cemento faccia vista, nel quale introdurre additivi coloranti, per ottenere un risultato tendente al bianco.

Per la copertura, il discorso cambiava. Cambiavano i ragionamenti. Difatti eravamo in area sismica e la campata (ossia la distanza tra i due setti portanti) massima della Chiesa, in corrispondenza dell’Aula Liturgica principale, era di circa 24 metri. Avendo l’obbligo (dalle norme sulle Nuove Chiese della CEI) di lasciare libera l’Aula in pianta, la soluzione del calcestruzzo armato in copertura era impossibile da adottare. Di qui è derivata una lunga analisi di materiali più idonei.

La scelta di utilizzare una travatura reticolare spaziale, lo confesso, ci aveva convinti fin da subito. E gli schizzi di partenza già lo dimostravano. Non abbiamo mai pensato a una di quelle travature invadenti, eccessive. Piuttosto a una struttura reticolare sottile, non aggressiva ed elegante. Ci avrebbe favoriti anche nel passaggio dei cavi per le esigenze di illuminazione dell’Aula.

Numerosi incontri presso fornitori di travature hanno dato vita all’idea di impianto da noi pensato.

A questo punto, bisognava trovare il modo di definire la copertura al di sopra dell’elemento reticolare strutturale. Indagini approfondite, colloqui con ditte di produzione, analisi costi/benefici, ci hanno portati a scegliere un sistema a pannellature di alluminio coibentate con poliuretano. In particolare, ci aveva convinti il sistema Megaroof della Hedar (se volete approfondire, visitate il sito: http://www.hedar.it/). Soluzione ecocompatibile, con ottimo potere fonoisolante, adeguata trasmittanza e con risultato estetico convincente. Decidemmo che ogni pannello dovesse avere una lieve curvatura, con massima altezza al centro, così da facilitare la discesa delle acque meteoriche. E decidemmo che in corrispondenza dei limiti esterni di ogni pannellatura fossero create incanalature per la raccolta acquifera, da collegare a discendenti interni ai setti.

Molti approfondimenti hanno riguardato le modalità di collegamento della copertura con i setti, fattori che saranno ben spiegati nell’ebook.

La struttura di ogni pannellatura, corrispondente a ognuno dei segmenti evocativi del Sukkà, doveva essere lavorata in laboratorio, sagomata e portata sul cantiere per essere montata. Lo spazio del piazzale permetteva, seppur con qualche costrizione, di accogliere tir per il trasporto e gru per il montaggio. Decidemmo che le opposte facce in alluminio dovevano essere laccate di bianco opaco, quale voluta continuità percettiva con i setti.

Diversamente, per la copertura della Cappella Feriale e del luogo della penitenza (ricorderete, posizionate a destra e sul fondo), le dimensioni delle massime campate permettevano l’uso di solai in calcestruzzo armato alleggerito.

Giunti qui, la forma della Chiesa andava perfezionata nel dettaglio, anche metrico. Ecco quello che, a seguire, ne era risultato in pianta, ai tre livelli (terra, travatura, copertura).

Insomma, la Chiesa aveva finalmente raggiunto un buon livello di approfondimento progettuale.

Ai materiali di rifinitura, sia interna che esterna (pavimentazioni, abbellimenti, arredi, elementi di illuminazione, e via dicendo) dedicherò un altro articolo.

N. 3 – Il Progetto di una Chiesa

Terza riflessione pratica per la “Costruzione di un Progetto”: si passa alla definizione della forma.

L’idea individuata per dare corpo alla Chiesa, come sinteticamente rappresentata nell’articolo “Il Progetto: l’Idea”, doveva poi tradursi in forma compiuta.

Il primo passo è stato quello di disegnare e ridisegnare più volte, sia continuando a schizzare, sia trasformando gli schizzi in primi elaborati metrici, la forma appena accennata a seguito dell’individuazione dell’idea.

Le dimensioni venivano dallo spazio utilizzabile dello slargo di accoglienza. Fatti salvi i vincoli urbanistici (in particolare, il rispetto delle distanze dalle preesistenze e dall’arteria di collegamento passante perpendicolarmente al fronte) sapevamo che le dimensioni massime, in larghezza e in lunghezza, erano di circa 24 metri ciascuna.

Le disposizioni della Conferenza Episcopale Italiana sul tema, raccolte nel documento “La Progettazione di Nuove Chiese”, insistevano sull’importanza di conferire una forma innovativa all’Aula Liturgica Principale, tendendo a favorire il raccoglimento dell’assemblea intorno al Presbiterio. Una sottile indicazione che riportava costantemente all’adozione di forme circolari. Cosa che a noi progettisti non piaceva, anche in ragione dell’odierno e massiccio proliferarsi di Chiese tondeggianti, spesso ripetitive. Dunque ci siamo trovati di fronte a una nuova sfida: cercare il modo di superare questo vincolo con una soluzione diversa, più interessante e nuova.

La scelta dell’intersecazione delle sagome del Sukkà ci veniva in aiuto. D’altro canto, anche la prima delle forme schizzate (l’ultimo degli schizzi resi visibili nell’articolo precedente) già percorreva la strada di un’evocativa circolarità, conseguita tramite una differente elaborazione formale.

Modellando e rimodellando, siamo arrivati a capire quale poteva essere la migliore delle soluzioni. Il tutto era reso possibile attraverso le diverse dimensioni – non solo in larghezza e in altezza, ma anche in lunghezza – delle sagome del Sukkà. Il contenitore che ne era derivato raccoglieva l’Aula Liturgica principale.

A questo punto, dovevamo collocare gli altri ambienti fondamentali del corpo Chiesa. In particolare, la Cappella Feriale e il luogo delle confessioni, visto che le norme CEI ne imponevano la separazione, sebbene con collegamenti interni. La volontà di non sacrificare il fronte dell’edificio, ci ha portati a posizionare i due nuovi corpi sul lato destro, verso il fondo, dove le sagome del Sukkà andavano a restringersi. Anche per questi nuovi volumi abbiamo utilizzato l’ispirazione delle intersecazioni a Sukkà, giocando con differenti dimensioni.

C’era poi da stabilire posizione e forma del campanile. Evocando alcuni egregi esempi del passato, per dare un segnale di continuità funzionale, abbiamo deciso di separare il corpo Chiesa da quello del campanile. Così lo abbiamo collocato sul fianco destro, in linea col fronte.

Un lavoro enorme, attento, che però ci ha ripagati emotivamente. L’edificio immaginato ci sembrava organico, ben concepito, innovativo nella forma.

Abbiamo allora lavorato con strumenti di renderizzazione immediata, così da trovare conferma alle nostre aspettative. Ciò che ci appariva era, per noi, soddisfacente. Ma c’era ancora molto da studiare, pensare, articolare, rifinire, definire. E avrete modo di valutarne l’evoluzione.

Vi lascio esaminare un paio dei primi render.

  

I corpi a sagoma parallelepipeda sono le preesistenze, incluso quello addossato alla Chiesa, sul retro (contenente, tra l’altro, la Casa Canonica che è stata da noi ripensata internamente).

Alla prossima puntata.

N. 2 – Il Progetto di una Chiesa

Sono dunque alla seconda riflessione della mia illustrazione riguardante la “Costruzione di un Progetto”. Ho già detto che si tratta del progetto di una Chiesa, ideato ed elaborato da me e dal collega Franco Lombardi.

E ho già detto che il significato della vera creazione progettuale è affidato all’idea. Qui mi concedo una brevissima parentesi relativa alla relazione, spesso trascurata, tra architettura e filosofia: una relazione che si concreta appunto nel momento, direi sacro, della ricerca dell’IDEA.

Dal punto di vista concettuale, per noi progettisti era dunque importante individuare un’ispirazione di partenza. Un riferimento che potesse essere tradotto in forma. E dove cercare l’ispirazione per una Chiesa se non nelle Sacre Scritture?

Leggendo e rileggendo passi dell’antico e del nuovo Testamento, siamo arrivati a individuare un concetto che ci era apparso particolarmente interessante e moderno, contenuto nel Capitolo 18 del Libro della Genesi: la funzione della “tenda di accoglienza”, poi rielaborata attraverso l’introduzione delle forme della Sukkà, ossia della capanna che accoglie la mensa ebraica, nell’intento di rappresentare il contemporaneo dialogo tra differenti religioni.

Contestualmente abbiamo studiato il luogo che avrebbe dovuto ospitare l’opera. Si tratta di un ampio slargo, delimitato su tre lati da edifici di livello qualitativo estremamente penalizzante. La sfida che si si poneva era quella di giungere a una definizione formale di forte d’impatto e, ovviamente, contrastante l’edilizia circostante. Un’opera, in altri termini, in grado di abbattere l’attrazione visiva verso il pregresso. Il fatto stesso che si trattasse di un immobile destinato ad accogliere una funzione collettiva, aiutava in questo genere di sfida. Il rischio che la Chiesa potesse essere “ingabbiata” nel contesto delle preesistenze a tre piani, doveva essere superato anche tramite la maggiore altezza.

Nessun’alternativa, invece, per il posizionamento. Dati i vincoli urbanistici e archeologici, la Chiesa doveva essere collocata in una precisa posizione, peraltro in aderenza alla struttura posteriore, già esistente, dei locali pastorali.

Avendo, dunque, come riferimenti la tenda per la Mensa Eucaristica e la Sukkà ebraica, nonché avendo ben chiaro ogni possibile vincolo, abbiamo prodotto moltissimi schizzi a matita, li abbiamo confrontati, ne abbiamo discusso, fino a individuare quello che più ci pareva convincente e vicino alle nostre ispirazioni. Schizzi buttati su fogli d’ogni tipo, in ogni momento della giornata, come questi:

Dall’idea, dunque, alla prima scelta formale, solo abbozzata.

Un percorso qui narrato sinteticamente, che invece ha richiesto mesi di studio e di approfondimento, grande passione e concentrazione. Fino al convincimento.

Un percorso affascinante che sarà descritto e illustrato dettagliatamente nell’e-book.

N. 1 – Il Progetto di una Chiesa

Nell’articolo Cos’è un Progetto (dedicato in particolare agli studenti di architettura) ho cercato di rappresentare il vero significato del progettare e il senso proprio del Progetto, quale elevato momento creativo.

Ora desidero approfondire la tematica con un primo esempio che si comporrà di alcuni articoli in sequenza. L’obiettivo è focalizzare, dal mio punto di vista, i momenti più importanti del lavoro di costruzione di un progetto architettonico.

Voglio evitare estremizzazioni concettuali e letteratura pura, pertanto affido questa descrizione a un caso concreto che mi appartiene. Sono certa che nulla più di un’esperienza vissuta possa essere trasmessa efficacemente.

Ho scelto di utilizzare il progetto di una Chiesa, ideato ed elaborato da me e dal collega Franco Lombardi. Si, quello di cui vedete qualche particolare qui appresso.

Ciò che mi spinge a trattare questo caso richiama alcuni elementi importanti. In primo luogo, è stata un’esperienza affascinante dal punto di vista puramente creativo/progettuale. Ma anche un’esperienza decisamente sofferta, assoggettata a percorsi amministrativi e di relazioni molto difficili e deludenti. L’idea portante, l’anima di questo progetto, il suo significato, le scelte formali e materiche, il complesso schema che ha condotto alla sua definizione, nel tempo hanno subito interferenze che, a mio parere (e a parere dell’architetto Lombardi), ne hanno pesantemente mortificato il senso. Architettura violata, ragazzi: ritorna un tema già affrontato.

Ma parlerò del progetto originario (il vero progetto), delle fasi che ne hanno permesso la definizione, dell’impegno e della passione che ne hanno guidato le scelte. Lo farò per step successivi, nella consapevolezza che la contrazione del racconto a un solo articolo richiederebbe una sintesi niente affatto utile.

Procederò in questo modo:

  • il prossimo articolo (N. 2) parlerà dell’idea, delle modalità di ricerca dell’idea che noi progettisti dell’architettonico abbiamo ritenuta vincente,
  • il successivo (N. 3) affronterà il tema della prima definizione formale, anche in relazione agli spazi d’accoglienza e ai vincoli di natura urbanistica,
  • poi (N. 4) parlerò del percorso di analisi e di scelta dei materiali di costruzione e di rifinitura,
  • poi ancora (N. 5) rappresenterò le motivazioni che hanno determinato la definitiva scelta formale, anche in ragione dei materiali selezionati e delle componenti illuminanti. E cercherò di far capire quanto siano correlate le argomentazioni,
  • infine (N. 6) parlerò, sebbene superficialmente, di alcuni elementi che ritengo necessari per completezza di trattazione.

Ho in mente, a seguito di questo percorso illustrativo, composto di articoli sequenziali, di pubblicare – ovviamente insieme all’architetto Lombardi – un e-book nel quale raccogliere ed estendere tutte le tematiche affrontate, al fine di fornire materiale organico sulle modalità di costruzione di un progetto. Ovviamente si tratta di un percorso artistico e tecnico che sottintende emotività personali. Ma non è forse questo il vero significato del fare architettura?

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