Elodia Rossi

N. 1 – Riqualificazione Centro Storico

Anno 2008.

Il Comune di Santi Cosma e Damiano indice una gara a procedura ristretta per l’affidamento di servizi di progettazione e pianificazione mirati al recupero e alla valorizzazione del Centro Storico.

In sostanza si tratta di riqualificare l’area prossima alla sede comunale, tramite il recupero/rifacimento di un sistema di tre piazze pressoché contigue.

Partecipo e mi aggiudico l’appalto. Motivata dall’appartenenza al luogo, muovo verso il progetto che più avanti illustrerò con alcuni articoli numerati, a partire da questo.

Sono passati alcuni anni, tra lentezze burocratiche ormai superate, e finalmente si sta procedendo verso la realizzazione dell’opera. Sarò io, avendo già redatto il progetto da tempo approvato, a dirigere i lavori.

Lo scenario

Posto a 181 ml s.l.m., Santi Cosma e Damiano possiede un territorio esteso circa ha 3020, con densità di popolazione per kmq è pari a 220,02 unità (in crescita rispetto al dato censuario del 2001, che ne contava 207,0).

La popolazione in valore assoluto è pari a 6.995 unità (ultimi dati censuari ISTAT, con lieve incremento rispetto ai dati del 2001, quando la popolazione contava 6.532 unità, di cui 3.165 maschi e 3.367 femmine). Il numero complessivo delle famiglie residenti è pari a 2.478 circa e il numero delle abitazioni è di 3.200. Dato, quest’ultimo, che supera il numero delle famiglie, attestando il fenomeno di spopolamento che si è intensificato soprattutto negli anni precedenti la rilevazione censuaria del 2001 e che, tra i due censimenti, sembrava aver lievemente invertito rotta.

Tra gli anni 2001 e 2011, intervallo tra i due censimenti ISTAT, si è dunque assistito a un incoraggiante fenomeno: il mercato degli acquisti di abitazioni nell’area comunale era in aumento, in particolare per via di acquirenti provenienti dal napoletano e dalla Capitale (e/o aree limitrofe), investendo così il territorio di un ruolo rinnovato nell’accoglimento, con prospettive positive per la complessiva qualità della vita. Ne avrebbe potuto derivare una crescita economica, anche se con valori moderati, nonché un indiscutibile beneficio per la popolazione residente in termini complessivi di organizzazione sociale.

In questo contesto, corrispondente agli anni di redazione del progetto, il ruolo del Centro Storico assumeva di certo un’importanza non trascurabile e il programma di recupero rappresentava un elemento di grande sfida per il miglioramento dell’immagine del territorio in questione. La posizione dell’intervento, nel contesto del Centro Storico e sulla direttrice d’ingresso (via Garibaldi) che conduce ai principali attrattori (Chiesa patronale, Piazza Tommaso Rossi, Auditorium, Municipio), ne determinava il duplice ruolo di attrattore e di elemento strutturale a servizio della popolazione (e del visitatore).

Purtroppo le ricadute della recente e nota crisi economica mondiale – che in luoghi di minore dimensione si avvertono con un certo ritardo – hanno arrestato il processo di crescita e rinnovato lo spopolamento (dopo il 2011). L’inversione di rotta sembra aver ripreso i ritmi tipici subordinati allo sviluppo delle grandi urbanizzazioni, ormai indiscussi attrattori. E il territorio di Santi Cosma e Damiano è pressoché intermedio tra Napoli e Roma, due tra le maggiori urbanizzazioni italiane (le maggiori, lo ricordo, sono tre. Nell’ordine: Roma, Milano e Napoli).

Tuttavia e proprio per questi recenti gravi problemi, l’importanza di dare impulso alla visibilità del territorio assume oggi una maggiore forza: fattore di contrasto al processo di degrado fisico e di mortificazione economico/turistica.

Le basi programmatico/progettuali

Si tratta di un percorso di pianificazione alla micro scala, con l’inclusione di componenti di progettazione architettonica.

Oggi: Piazza Pensile dall’alto

Il territorio circostante l’area d’intervento, pur essendo in posizione centrale, soffre di un certo livello di degrado anche per la presenza di circoscritti nuclei con grave incidenza di strutture fatiscenti. Il sistema del decoro complessivo appare scoordinato (ad esempio, nelle colorazioni/decorazioni delle quinte stradali prossime all’area d’intervento) e vetusto nella concezione architettonica di molti dei fabbricati recentemente ristrutturati.

Riguardo l’area specifica d’intervento, risulta particolarmente degradata e decisamente non funzionale la Piazza Pensile.

Nata alcuni anni fa, la sua disarticolata conformazione non ha mai concesso alcuno stimolo alla fruizione.

Oggi: degrado Piazza Pensile

Problemi aggiuntivi, sorti poco dopo, di carattere strutturale (come le diffuse infiltrazioni, gli accumuli acquiferi, gli scollamenti delle pavimentazioni e dei rivestimenti), hanno aggravato la già sgradevole situazione.

Le altre due Piazze, Medaglia d’Argento e Largo Savoia, benché in condizioni decisamente migliori (difatti sono abitualmente frequentate), necessitano comunque di recuperi importanti – sia funzionali che strutturali – e di coordinamento funzionale/estetico per la messa a sistema.

Le tre piazze (Piazza Medaglia d’Argento, Largo Savoia e Piazza Pensile), oggi dunque fruite solo in parte e funzionalmente/esteticamente disconnesse, benché limitrofe, offrono interessanti spunti per il recupero e per l’acquisizione dell’atteso ruolo di attrazione turistica, oltre che di stimolo all’uniformità futura dello spazio urbano centrale.

Il progetto prevede che gli spazi siano organizzati con logiche di separazione delle funzioni principali, in modo tale da non sovrapporre disordinatamente le destinazioni d’utilizzo specifiche, pur nella concezione dell’uniformità estetica e della continuità urbanistica. Gli accessi alle aree interne sono pensati quasi unicamente pedonali. Il sistema degli accessi/collegamenti mira a soddisfare sia esigenze di fruibilità, sia esigenze di integrazione complessiva.

Le scelte progettuali hanno seguito un sostanziale principio di metodo: consegnare al territorio un intervento esteticamente e funzionalmente valido, in modo da rendere maggiormente fruibile l’area e – come detto – trasferire l’immagine di un nuovo elemento attrattore che non entri in contrasto con la vocazione storico/territoriale, ma che abbia comunque un valore di certa innovazione e di “illustrazione” dell’insieme territorio.

Ne parlerò nei prossimi articoli della serie.

N. 11 – SPAZI E LUOGHI DELL’ARCHITETTURA

Inizio a parlare di Roma.

Dopo aver affrontato New York, città nuova (si potrebbe dire) ed esempio di grande abilità pianificatoria, affronto la città che si è sviluppata per lunghi Secoli senza disegno urbano e che – a mio parere, più di tutte al mondo – è l’esempio tanto del fascino quanto della contraddizione.

Foto di Emilia Rossi

Parlare di Roma non è facile. Con un pizzico di presunzione, credo di avere un merito: quello di aver vissuto questa città intensamente e, per questo, di averne compreso alcuni elementi che facilmente sfuggono alla gran parte delle persone. Ogni realtà urbana non è fatta di soli aspetti estetici e funzionali. È innanzi tutto lo specchio del rapporto tra luogo fisico e vita: questo è il punto fondamentale.

Non mi basterà un solo articolo. E prima di affrontare un’analisi più urbanistica, desidero riportare (solo in parte) un brano tratto dal mio romanzo Roma dei desideri, pubblicato nel 2015 (Rif. pagina Scrittura di questo Blog). Si tratta di una pagina a cui sono affezionata perché la sento vera, maturata nel tempo, perfino sofferta. Credo sia utile anche per trasmettere lo spirito con cui voglio affrontare questo difficile argomento.

<Ho letto tanto di questa città (…) ho scritto tanto e tanto si è scritto; troppo oppure troppo poco, dipende dai punti di vista.

Roma della bellezza, Roma del turismo, Roma dei monumenti, eccetera eccetera: ma la Roma della gente (…) com’è?

Non è la città del turismo. E’ la città delle mille emozioni. Roma è un mondo complesso e, nel momento in cui la vivi, corri il rischio di perderla. 

E’ talmente vasta, talmente bella, talmente contorta, talmente contraddittoria, talmente inusuale, talmente affascinante e perfino talmente perversa che non è possibile ammirarla nel suo splendore, né obiettarla nella sua distorsione.

E’ inquietante.

Eppure Roma è Roma: unica, sentimentale, magica e pericolosa.

Cerchi di mettere insieme tutti i suoi aspetti, cerchi di costruirne un’immagine in qualche modo utile e onesta e finisci col renderti conto che non è possibile, che mancano elementi, che ti sfugge nella sua grandiosa complessità.

Allora sei costretto a valutarne gli aspetti uno per volta, o due per volta, o tre per volta: potrai sentirti appagato se non sei ambizioso e se hai la coscienza di capire che si tratta di aspetti di Roma e non di Roma.

Roma è tutto e può essere niente nel momento in cui distrugge le costruzioni, apparentemente logiche, che di essa hai fatto.

Roma è fortuna e miseria; è bellezza e terrore; è gloria e distruzione; è fatica e speranza; è storia e presente. E’ uno sguardo sul futuro e paura dell’avvenire.

Roma è di tutti e di nessuno.

E’ presente e dispersiva; totalizzante e, a volte, inesistente.

Roma fa paura. (…)

No, certamente non fa paura a quelli che arrivano per visitarla con l’aiuto della mappa del Touring e per fotografare il Colosseo o i Fori Imperiali o il Cupolone. In questi casi Roma è vanesia e si lascia ammirare. Credo che non faccia paura neppure a chi la vive in maniera metodica o superficiale o ristretta.

Roma fa paura a chi la conosce bene; a chi va a indagare oltre quell’immagine di meraviglia che rivelano certe sue pietre composte o certe notti di luna piena; a chi ha il gusto di guardarci dentro, di smembrarla e ricomporla, di viverla in ogni manifestazione; a chi ha la fortuna e la disgrazia di assaporarla nella sua perversione; a chi ha il coraggio di mostrarsi a essa nudo e di vederla apparire nuda.

Roma fa paura a chi riesce ad amarla. (…)

L’immagine della città magica, fatta di bellezza e divertimento, è un fuoco di paglia che svanisce presto se non si alimenta la fiamma con altri valori. La devi conquistare poco alla volta: punto e basta. E non è detto che ci riesci. (…)

Roma è il punto geografico ove ha fine la logica e nasce l’irrazionale. Ma è anche l’esatto contrario.

Roma disorienta.

(…) quanti ruoli ha avuto, nel corso della sua storia millenaria: Roma di eterna memoria storica, Roma monumentale, Roma papale, Roma politica, Roma ministeriale, Roma Capitale, Roma metropoli, (…)

E forse non è mai stata diversa da oggi. Si, sembrerebbe diversa da quell’antica Roma degli Imperatori che ogni libro di storia racconta. (…) pensare alla Roma vera, al suo Centro, al suo cuore (…) ai rimpianti che riesce a suscitare immaginando il passato. (…) è così, dai segni, che si evocano i tempi trascorsi, si materializza la storia, la si scompone e ricompone, la si rivive. (…)

Però oggi Roma non è soltanto la città dei monumenti. C’è dell’altro, oggi. La sua periferia sterminata; la sua dimensione complessa. E’ qui che Roma perde la sua identità. (…)

E’ la più elevata contraddizione della storia e del presente. E’ pure il fascino, la paura e il mistero del futuro. Roma è morte e resurrezione secondo un ciclo continuo e faticoso.

E’ una specie di droga: l’assapori e non te ne liberi mai più. (…)

Roma dei ricchi, dei poveri, dei forti, dei deboli, dei potenti e di chi subisce: le mura, le strade, ogni cosa rivelano la contraddizione, fino alla gente che ci vive.

Prova a interpretare i luoghi. Se la conosci bene, ti accorgi di cose che stupiscono, del mescolamento delle parti, della intersezione di fatti contrastanti. La stazione Termini, rifugio di gente emarginata, povera, dimenticata, è a duecento metri, in linea d’aria, da Via Veneto, emblema della ricchezza, del lusso, del piacere.

Prova a imboccare Viale dei Parioli da Piazza Ungheria, percorrilo e vedrai che, in un batter d’occhio, ti trovi allo Stadio Flaminio. Prova a fare questa passeggiata di sera. Vedrai come si passa dai colori sobri delle facciate parioline, alle illuminazioni delle ‘lucciole’ che si addensano intorno al grigiore dello Stadio. Lo stesso Centro Antico, la città bella, perla unica, è circondato da un complesso di forme inqualificabili. Sono varietà di colori cupi, di spazi assurdi, che costituiscono i petali di un fiore il cui centro è incantato.

Roma è tutto questo e molto di più. E tutto è rappresentato col filtro della sua spaventosa quanto irrazionale superbia. Roma è come un nobile decaduto, che continua a fare il nobile: conserva il suo sangue blu, ma vive nella miseria.

La contraddizione che scorgi nelle mura, nelle parti, nelle strade, è tale anche nella vita di tutti i giorni, nei rapporti umani.

Alla Roma vera si contrappone e si identifica la Roma della finzione: tanto nei luoghi quanto nella gente. E’ anche in questo il suo smisurato fascino e la sua insopportabile violenza. (…)

Roma è devastata dalla contraddizione e da essa stessa è innalzata.

Mi sono chiesta spesso da dove potesse derivare tale disarmante constatazione. Ma se pensi alla Roma degli Imperatori, non ti pare che vi sia stata tanta ambiguità in quella straordinaria quanto disperata cultura? Eppure allora Roma era complessa ma non disordinata.

Roma è ingovernabile.

E sai, soltanto chi vive Roma, e non chi vive a Roma, si rende conto di tutto questo. E’ una trappola che affascina e disgusta dalla quale è difficile uscire.

Roma è effimero e profondità.

E’ la città di tutti: del potente che vive (talvolta a basso costo) in una magnifica casa nel cuore storico, del nobile che assegna il nome al palazzo dove abita, del cardinale che si aggira in lussuosi ambienti, dell’attore famoso che abita l’attico al centro, del produttore e dell’industriale che narrano gloria e ricchezza; ma anche del povero che abita le squallide borgate, del prete che gestisce la piccola parrocchia in periferia, del disadattato che dorme alla stazione ferroviaria, dell’extracomunitario che vaga nel quartiere in qualche modo a lui destinato, del barbone che muore per strada in mezzo ai rifiuti, del finto attore che si aggira nel mondo degli “arrivati”, del finto produttore che narra gesta mai state e mai possibili, del finto industriale che arriva ospite a casa dell’amico dalla vicina provincia, del drogato che ruba per garantirsi il giornaliero grammo di eroina, di chi impazzisce da un giorno all’altro e passa dalle mura di una casa alle scale di Trinità dei Monti, di chi fatica per tener salda di giorno la sua reputazione e si muove di notte nella polvere della miseria, delle “lucciole” e dei transessuali del Lungotevere Flaminio.

Roma è un pozzo senza fondo.

E’ la città che coinvolge tutti e sfugge a tutti: Roma è di nessuno. E quelli che la vivono, la amano, combattono per questo rapporto, mossi da un desiderio che solo Roma può scatenare. Ma è una lotta che stanca, è perenne. (…)

Roma è assassina.

Roma è un campo di carne. (…)

E’ una donna dai mille volti. E’ una maschera che cambia forma: è di creta e viene plasmata continuamente su di un palcoscenico che non può intervenire. Sembra uno spettacolo dei Mummenschatz.

E’ la rappresentazione continua, vivente, di un’opera di Pirandello. E’ uno, nessuno e centomila volti: e prima o poi, se non sei votato all’effimero, li becchi tutti!

Alla prossima.

 

N. 10 – SPAZI E LUOGHI DELL’ARCHITETTURA

New York, primo luogo al mondo alla scala dei tempi nuovi, dalle parole di Le Corbusier. È così.

Dopo la dolorosa illustrazione di qualche esempio di città mondiale che contiene spazi di vita disastrosa, come le favelas (Rif. Art. N. 4 – Spazi e Luoghi dell’Architettura), voglio parlare di quella che, a mio parere, è la città più interessante tra tutte: New York.

Se le favelas costituiscono un macroscopico esempio di vita urbana ben lontana dall’integrazione, New York fonda la sua vittoria anche sulla capacità di gestione del fenomeno immigratorio. Cerchiamo di capire.

Oggi New York è una città in equilibrio che ha conquistato questo genere di ambiziosa qualità con l’avvicendarsi di epoche ed esperienze non semplici, perfino drammatiche. Ciò che ha costituito l’elemento vincente, il fulcro della conquista di stabilità, è stata la capacità di avvalersi di una pianificazione intelligente (perfino inusuale nelle scelte), razionalmente fondata sul bene collettivo e non sull’interesse privato.

È il 1524 quando Giovanni da Verrazzano giunge sulla terra che oggi ospita New York, trovando un luogo popolato da tribù indiane. Un Secolo dopo, la Compagnia olandese delle Indie torna in esplorazione (con Hudson) e vi trasferisce alcune famiglie, insediandole nell’area battezzata New Amsterdam (l’attuale Manhattan). Gli Inglesi, poco dopo, conquistano questa terra, dedicandola nominativamente al duca di York. Poi la Guerra d’Indipendenza, poi la liberazione dagli inglesi, secondo percorsi scanditi da grandi inquietudini e conflitti intestini, mentre la città inizia la sua grande espansione e, nel ‘700, l’isola di Manhattan già conta oltre trentamila abitanti. In poco meno di un Secolo, diventano un milione. Siamo all’Ottocento, periodo di grandi cambiamenti e forti contrasti: l’immigrazione inizia la sua esponenziale scalata dal Vecchio Continente, quando la città non ha le giuste risorse per affrontarne la portata. E così, nonostante siano state realizzate importanti opere pubbliche (tra cui le ferrovie up e under ground, che danno immediatamente l’impulso alla costruzione di altri quartieri fuori Mahnattan, come Bronx e Uptown), epidemie di colera, scontri interni, insoddisfazioni, sfruttamento, violenza, corruzione, caratterizzano un luogo che sembra destinato alla sofferenza. New York trema e decide di avviare un Piano Urbanistico per Manhattan, affidandolo a Gouverneur Morris, S. De Witte e J. Rutherford. Il Piano viene approvato nel 1811 e costituisce il primo provvedimento unitario di efficace razionalizzazione urbana per una città esistente.

Questo strumento regolatore, nato con l’obiettivo di contenere l’espansione dell’isola fino alla fine dell’800, rendendola capace di ospitare due milioni e mezzo di persone, fonda su una concezione di articolazione urbanistica decisamente inusuale e rivoluzionaria (in termini anche fisici), disponendo quella maglia di strade che caratterizza oggi la città. 12 lunghe Avenues (di circa 20 km), che si estendono da nord a sud, e 155 Street (di circa 5 km) ortogonali alle prime. Un tracciato perfettamente regolare, a scacchiera, interrotto esclusivamente dalla più antica e diagonale Broadway, impossibile da smantellare perché già attrattore privilegiato di interessi urbani. Una sola enorme area non lottizzata corrisponde al luogo che oggi ospita il Central Park, inizialmente destinato a piazza d’armi.

New York inizia la sua vera e grande ascesa e quei lotti (posti tra le maglie ortogonali composte dalle strade) che erano stati pensati per ospitare l’abitato cominciano a sviluppare la città verticale, superando ogni aspettativa perfino della magistrale opera di pianificazione. D’altronde, oltre ogni buon piano c’è il governo del territorio, la capacità o meno della sua attuazione. Così alcune leggi, emanate immediatamente dopo il 1811, gestiscono le logiche costruttive interne ai lotti, evitandone la costruzione smodata e prevedendo la distribuzione di aree a verde. Nascono servizi pubblici e privati di ogni tipo, oltre quartieri residenziali d’eccellenza lungo la Fifth Avenue, nonostante il clima ancora complicato del periodo pre-bellico. Giunge il Novecento, la Grande Guerra e il crollo di Wall Street, con le conseguenze che tutti conosciamo. New York non si arrende e riconquista presto il suo dominio finanziario e perfino artistico. Nasce il World Trade Centre. Tuttavia folle di immigrati affluiscono in città. La gestione avviene quasi naturalmente, destinando porzioni di quartieri alle differenti etnie e limitando, in questo modo, gli scontri. Nasce Little Italy, poi Chinatown, eccetera. La solidità derivante dal riconoscimento, anche spaziale ed evocativo, delle differenti comunità, aiuta molto nella mescolanza della vita quotidiana oltre i luoghi del rifugio o delle radici.

Oggi – tra luci e colori, austerità e sobrietà –  la grande New York è il risultato di questo magistrale percorso che avrebbe potuto essere emulativo per tante realtà urbane, se non altro per quanto attiene i temi dell’immigrazione.

Little Italy è una piccola Nazione funzionale all’interno di una grande città. Ma non esclude. Le favelas, gli slum, sono luoghi di non integrazione, di separazione, di disordine e miseria.

La storia – che definisce la caratterizzazione di ogni popolo – dovrebbe condurre a scelte razionali. Ma la storia di alcune grandi città non ha aiutato o, meglio, non è stata interpretata dai governi nel giusto modo. La mescolanza di popoli con diversità enormi non può essere gestita senza garantire il dovuto richiamo a usi e costumi aborigeni.

E infatti, mentre Roma – che ha ben più storia di New York – si ostina a perseguire un tipo di integrazione fondata sulla mescolanza indiscriminata (la componente percentuale maggiore di immigrati occupa il I Municipio, ossia il Centro più antico della Capitale) uscendone sistematicamente perdente, New York ha vinto con la sua straordinaria politica dell’accoglienza nel rispetto delle radici di ogni popolo.

Vista dalla sede delle N.U.

Il 31 Ottobre 2014 ho partecipato, nell’aula dell’Assemblea delle Nazioni Unite a New York, al 1st World Cities Day, evento fondato sull’intensa attività di studio del gruppo di ricerca italiano (di cui faccio parte) afferente alla Fondazione Aldo Della Rocca e guidato del prof. Corrado Beguinot. L’evento è stato promosso dalle missioni permanenti italiana e cinese presso l’ONU, sostenuto da United Nation Alliance of Civilation, da United Nations Human Settlements Programme (UN-Habitat) e dall’Istituto Americano degli Architetti (AIA). In questa sede Mr. Brown, Presidente dell’AIA, sosteneva che New York fosse l’esempio migliore di coerenza e integrazione.

Per Lance Jay Brown, dunque, New York è una città all’avanguardia, attualmente la migliore città al mondo. Per le modalità con cui è stata pianificata facilita la sostenibilità, è predisposta a migliorarsi costantemente riguardo i suoi grandi sistemi interni. Aveva ragione.

 

(Tutte le foto di questo articolo sono state scattate da me tra ottobre e novembre 2014)

N. 9 – CITYMOTOR

Questo articolo conclusivo sull’esperienza progettuale di CITYMOTOR è importante per rappresentare, seppur sinteticamente, le dinamiche che hanno guidato il percorso e le aspettative per il futuro.

Difatti questa esperienza è stata complessa e certamente l’illustrazione che ne ho fatto nei precedenti otto articoli non è esaustiva, perfino al di là della semplificazione delle rappresentazioni grafiche (dovuta alla scala di adattamento). L’articolazione delle componenti in gioco, sia di carattere relazionale che progettuale, ha richiamato tempo e attenzione. La mitigazione delle esigenze di pianificazione con le incoerenti restrizioni delle pubbliche amministrazioni coinvolte (fattore che ho semplicemente accennato, anche se meriterebbe maggiore spazio), ha portato alla rivisitazione progettuale più volte. Nonostante tutto, il risultato mi soddisfa.

Non è un caso che i vincoli imposti, generalmente astrusi dalla realtà, mi hanno portata a rivedere la distribuzione dell’area, ma non l’articolazione delle forme architettoniche. Né, in tema di variazione dell’impianto urbanistico, ho ceduto all’alterazione del sistema naturale, nella precisa intenzione di rispettare l’ambiente preesistente, le sue espressività indigene, le sue prerogative mediterranee. Trovo spesso incoerente l’idea secondo cui l’espianto di un albero debba essere equiparato all’impianto di uno nuovo, magari di differente essenza. Anche per questo, l’impatto è minimo.

In tema di vincoli imposti, oltre quanto ho già accennato sull’inesistente corso d’acqua, vale la pena citare l’incredibile decisione pubblica di pretendere la cessione di una macroscopica quota di ricavi, sottraendola di fatto al sistema di parcheggi necessari al diretto soddisfacimento dei flussi di visitatori o traducendola in opere pubbliche da edificare (considerate, a dir loro, compensative), così confermando la diffusa difficoltà di un Paese nel saper identificare il bene comune nello sviluppo territoriale. È evidente che, trattandosi di un intervento soggetto a pratiche di investimento privato, questo avrebbe portato a maggiori difficoltà nelle trattative. Ed è evidente che tale richiesta è stata fortemente contrastata dal Presidente Cocomello e da me, in seno alle molte riunioni che sono state effettuate.

Ci si sarebbe aspettati, al contrario, una forma di intelligente compartecipazione, in termini sostegno alla comunicazione e di potenziamento delle infrastrutture di collegamento primario con l’area. Cose di cui avrebbe gran bisogno anche l’Autodromo esistente. Ma, invertendo una produttiva intuizione del passato, si potrebbe affermare: vi diamo la città e ci darete le infrastrutture.

Diverse ragioni, sia legate alle scelte modulari (perfino scatolari) della gran parte delle architetture interne all’area, sia derivate dalla esigua alterazione del sistema naturale, sia relazionate alla meticolosa scelta dei materiali da costruzione (non impattanti, a costo contenuto e di snella messa in opera), hanno portato indubbi vantaggi in termini di contrazione dei costi di realizzazione dell’impianto complessivo.

La volontà di rendere l’insieme autonomo dal punto di vista dei consumi, ha mosso gli ingegneri Carlo Cocomello e Maurizio Landolfi (ricordo che si sono occupati di impianti e temi energetici) verso scelte adeguate e perfino di alto rendimento. Si è così configurato, tra l’altro, un sistema in grado di produrre maggiore energia del reale fabbisogno, ovviamente spendibile sul mercato.

L’attuazione del programma generale è stata affidata a percorsi di finanza di progetto. Con questa tipologia di azione sarà possibile raccordare privato e pubblico, inserendo nel sistema complessivo anche il potenziamento delle infrastrutture primarie. Finora sono stati esaminati diversi investitori, attività curata in particolare dalla Copy per il tramite del già citato Presidente. Sebbene l’interesse dimostrato sia da considerarsi premiante, il processo decisionale necessita di maggiore esplorazione. L’analisi costi benefici ha chiarito le potenzialità dell’intervento e, come crediamo, l’utilità di contrarre il numero dei possibili investitori potrebbe sortire effetti migliorativi per le successive fasi gestionali. Sarebbe oltremodo utile se l’investimento generale fosse assorbito da pochi o, addirittura, da un solo soggetto o gruppo.

Mi auguro che questo progetto avrà definitivo successo con la sua realizzazione, a vantaggio di un territorio che, per sue prerogative e potenzialità, meriterebbe di essere conosciuto e correttamente fruito.

N. 8 – CITYMOTOR

In prossimità del culmine del lotto di 27 ha, ragionevolmente distante dalle funzioni espositive e residenziali, è collocata l’area della spettacolarizzazione. Luogo privilegiato per le Officine Rambaldi, all’interno del quale mettere in scena opere comunque legate al mondo della motoristica: dalle restituzioni pubblicitarie a vere e proprie rappresentazioni.

Il Teatro, una vera provocazione, è pensato con gli ingombri tipici di quelli romani. Parlo di ingombri, visto che le forme vengono ridotte all’essenziale, definendo un’immagine estremamente lineare, pulita, fatta eccezione per un evocativo colonnato posto a delimitare l’area scenica dal retroscena. Non un ulteriore elemento aggiuntivo, non una decorazione, lasciando al bianco marmoreo il ruolo del protagonista.

I colori sono affidati alla spettacolarizzazione, all’uso degli ologrammi (di cui l’Officina Rambaldi è maestra) che vanno a rappresentare il punto di forza e di differenziazione dell’immagine virtuale.

Ovviamente immerso nel verde, questo corpo – in principio pensato con una volumetria maggiore per accogliere anche altre funzioni – conta un ingombro di mc 47.200 (V/P). Sottostanti l’arena, sono contenute funzioni di Auditorium, ristoro, ovviamente camerini e spazi destinati al deposito scenico, oltre i necessari servizi di supporto.

E poi le piste, immerse nel verde naturale, separate secondo funzioni e di supporto alla grande pista dell’Autodromo Internazionale poco distante. L’insieme – area pianificata e Autodromo esistente – devono considerarsi un solo ambiente funzionale, complesso e completo, a servizio dei motori.

La Pista per i Fuoristrada, posta a destra dell’ingresso, con una lunghezza complessiva di ml 550 e una larghezza carrabile di ml 8.

La Pista per Go-Kart e Moto, posta a sinistra dell’ingresso, con una lunghezza complessiva di ml 767 e una larghezza carrabile di ml 6+6 (doppia pista, composta da segmenti carrabili perfettamente allineati).

La Pista per Modellismo, posta a destra dell’ingresso (oltre quella dei Fuoristrada), con una lunghezza complessiva di ml 514 e larghezza pari a ml 1,5.

Infine i Parcheggi. L’intero lotto è circondato – come già detto – da una strada, lungo il margine della quale (in posizione interna, ossia verso l’area urbanizzata) è collocata una fila continua di parcheggi a spina destinati a personale, commercianti, fruitori, eccetera. Immediatamente prima del fronte d’ingresso è posizionata un’ampia area a parcheggio, esclusivamente di competenza dei fruitori.

Aree di sosta per Bus e Camper, coprenti un’area complessiva di mq 13.826,00, sono poste al culmine del lotto, in maniera da non creare disturbo alla visione d’insieme e alle funzioni motoristiche. Il parcheggio per bus, possiede l’estensione di mq 4.378,00. L’area di sosta per Camper, possiede l’estensione di mq 9.447,00 ed è dotata di tutti i confort che la destinazione richiede (la mappa d’insieme, riportata agli articoli precedenti, non ne consente la completa visualizzazione per esemplificazioni di scala).

In ultimo, è stato ritenuto necessario e interessante introdurre un’area dedicata all’accoglienza di auto e moto d’epoca; vale a dire, un’area per raduni. È posta a destra del Teatro e possiede un’estensione di mq 11.275,00.

Come precedentemente accennato, un articolato sistema di sentieri pedonali e piccole strade destinate al solo transito di navette, permettono l’accesso  a tutti i luoghi interni all’area.

N. 7 – CITYMOTOR

Verde e arancio in facciata principale, verde uniforme per la facciata posteriore: sono i colori che contraddistinguono la Tipologia Residenziale di CITYMOTOR.

Quando le pubbliche amministrazioni generano ostacoli incomprensibili allo sviluppo organico di un progetto, chi ne paga le conseguenze è – al di là dei proponenti, non escluso il progettista – il territorio. E questo è un caso. L’area destinata a residenze, all’interno della città dei motori, era inizialmente pensata per soddisfare le esigenze di un potenziale pubblico interessato al tema di fondo del programma, sia che si trattasse di personale a servizio dell’area, sia di turisti. In sede di discussione del progetto, i referenti comunali avanzavano motivazioni francamente inadeguate e tese all’esclusione dei turisti dagli obiettivi dell’accoglienza interna all’Outlet. In sintesi, lo sviluppo di CITYMOTOR avrebbe potuto – a loro dire – sottrarre turismo all’area più ampia. Innanzi tutto – cosa che il Presidente Cocomello e io abbiamo rappresentato – il turismo interno non avrebbe potuto che afferire prevalentemente agli appassionati della motoristica; in secondo luogo e dato lo stato di abbandono ambientale (in senso lato) del territorio circostante l’Autodromo, non si ravvisava il senso di una tale opposizione. Né è valso spiegare quale maggiore indotto avrebbe potuto generare un sistema più completo, in termini di economia locale e di attrattività dei potenziali finanziatori.

Purtroppo – come generalmente accade tra proponenti e pubbliche amministrazioni – abbiamo dovuto assecondare le pretese e contrarre dimensionalmente i volumi destinati alla ricettività, relegandone le funzioni esclusivamente al personale a servizio dell’Outlet. Ma non è detta l’ultima parola.

La Tipologia Ricettivo/Residenziale si compone, in armonia con le scelte tipologiche complessive dei volumi interni all’area, di Blocchi ripetitivi di cinque unità (mini alloggi). Ogni unità conta un solo piano e la diversificazione in facciata corrisponde alle differenti altezze interne. Il solaio piano di copertura di ogni unità è, in questo caso, inclinato, generando maggiore altezza verso il fronte principale.

 

Posti oltre i Blocchi tipologici del Commerciale, con un volume complessivo di mc 4.158 distribuito su sette corpi lievemente distanziati tra essi, questi edifici risultano praticamente allineati alla strada di servizio che circonda il lotto.

Ogni mini alloggio contiene un ambiente polifunzionale, una camera e un bagno.

Tra un Blocco e l’altro sono previsti camminamenti che permettono, tra l’altro, l’immediato accesso dalla strada posteriore, ai margini della quale sono posizionati i parcheggi dedicati.

N. 6 – CITYMOTOR

Proseguo con la descrizione delle tipologie edilizie interne all’area dell’Outlet della Motoristica.

La Tipologia Commerciale, anch’essa composta da Blocchi ripetitivi di cinque unità – tre unità di piani due poste a intervalli regolari con due unità a un piano, accoglie prevalentemente le funzioni del commercio strettamente legate alla motoristica. Vale a dire produttori e rivenditori di componenti per auto e moto, pezzi di ricambio, vestiario dedicato, eccetera. Insomma, tutti i mezzi e le strumentazioni di supporto alle attività legate ai motori. Tuttavia, per completezza di servizi, questa tipologia accoglie anche limitate funzioni necessarie alla soddisfazione di bisogni alimentari e sanitari (farmacie).

In totale si tratta di sette Blocchi, posizionati lungo il margine destro dell’impianto urbanistico, subito dopo la strada di progetto che circuisce l’intero lotto. Il volume complessivo è di mc 4.384. L’insieme è decisamente ridotto rispetto al complesso dei Blocchi per Rivenditori (Rif. Art. N. 5 – CITYMOTOR), in ragione delle differenti funzioni contenute. I Rivenditori di auto e moto, ovviamente, necessitano di spazi espositivi di dimensioni maggiori.

Sempre pregando di non fare attenzione alla scala di adattamento, riporto piante e prospetti semplificati.

Per identificare la tipologia Commerciale, ho scelto di utilizzare prevalentemente il color petrolio per le facciate a vista, con intervalli diversificati per la sola facciata anteriore. Il color petrolio, per sua natura, caratterizza il settore, mentre la diversificazione in facciata anteriore garantisce la segmentazione visiva dei volumi corrispondenti, ognuno, a un differente venditore.

 

Anche in questo caso, come per l’insieme delle tipologie edilizie interne all’area, ho scelto espressività formali estremamente lineari e relazionate alle precedenti, nella convinzione di voler delegare al paesaggio naturale e ai pochi elementi di supporto (come i colori, le tensostrutture e le pensiline metalliche), l’articolazione dell’insieme.

Questo complesso tipologico riporta, tra l’altro, mc. 4.800 di spazi per pensiline sui lati longitudinali e mc. 2.700 di pensiline di passaggio trasversale tra i singoli Blocchi.

N. 5 – CITYMOTOR

200.256,34 mc su un’area di 27 ha, con accorpamento – ai fini dell’incremento del dato volumetrico – di altri 40 ha limitrofi: è CITYMOTOR, l’Outlet della Motoristica a servizio dell’Autodromo Internazionale di Vallelunga.

Come detto nei precedenti articoli, lo spirito dell’iniziativa mira alla creazione di un complesso organico spazialmente e funzionalmente, incentrato sul tema dell’OUTLET motoristico, che si dispiega in una serie di funzioni tra loro complementari e necessarie a definire uno spazio attrezzato autosufficiente e turisticamente competitivo.

Proseguo con la descrizione delle tipologie edilizie.

Brevemente – solo per sinteticità, data la dimensione degli argomenti da trattare – faccio riferimento ai volumi esistenti nell’area, posizionati pressoché centralmente (fatto salvo un piccolo volume posto lungo il percorso alberato), ai quali ho destinato il ruolo di accoglienza/informazioni, con piccoli spazi per ristoro e attività ludiche. Per questi volumi ho adottato un criterio progettuale di recupero conservativo. L’intenzione è identificare in essi la memoria storica del luogo, conseguibile col rispetto assoluto delle antiche forme e dei preesistenti colori, e garantire un positivo impatto sul patrimonio edilizio esistente. La volumetria complessiva di questi edifici rurali è di mc 8.370,34. Le foto che seguono ne illustrano la tipologia, in linea con le analoghe espressioni architettoniche rurali del posto.

 

Transitando attraverso il maestoso arco metallico e, dunque, superando i due Blocchi d’Ingresso (di cui ho parlato nel precedente articolo), ci si immette nel percorso alberato. Dopo un primo e lungo tragitto rettilineo, si giunge ai corpi edilizi rurali centrali e, ancora oltre, all’area destinata al teatro. L’insieme di questi elementi è racchiuso tra due file di alberi, come a segnare un percorso idealmente indipendente dalle aree in cui la motoristica gioca un ruolo dinamico, per la presenza – tra l’altro – delle diverse piste.

Ai lati esterni del tragitto alberato, a partire da poco oltre l’ingresso, sono posizionati i sette Blocchi per espositori di auto e moto, composti di elementi a un piano ed elementi a due piani sovrapposti, per un totale di mc 15.344,00.

 

Si tratta di Blocchi ripetitivi di cinque unità – tre unità di due piani poste a intervalli regolari con due unità ad un piano. I prospetti sono estremamente lineari, essenziali, nell’intenzione di evitare l’eccessiva segmentazione dei volumi, in considerazione della già importante articolazione d’insieme.
Invece, le scelte di utilizzare colori decisi per le diverse tipologie edilizie – generalmente pregnanti nell’intera area – sono mirate a ricalcare il ruolo dell’Outlet quale sede della motoristica, oltre a identificare ogni tipologia univocamente.

Dunque e in linea generale, le diverse tipologie edilizie (la cui illustrazione continuerà nei prossimi articoli) rispecchiano una considerazione di massima che vede l’opportunità del ripetersi di forme basilari, fatta eccezione per le preesistenze, i corpi d’ingresso e il teatro.  Diversamente, maggiore articolazione è affidata agli elementi di supporto (tensostrutture per gli espositori, pensiline ferree per il commerciale, tenso-pensiline per la ricezione esclusiva). Qualche render chiarisce i concetti.

Sul retro, questa tipologia supporta una pensilina metallica per definire un percorso utile in caso di pioggia.

N. 3 – CITYMOTOR

Portata e finalità del programma di pianificazione dell’area destinata a CityMotorVallelungaOutlet hanno riguardato un percorso pianificatorio/progettuale estremamente accorto. Qui non si trattava soltanto di organizzare l’area, ma anche di definire le tipologie architettoniche in essa contenute.

Ho imposto a me stessa, lungo il percorso progettuale, alcuni punti fermi utili a definire la concezione architettonica che intendevo promuovere. Una concezione che considero nuova, visto che la mia idea di Villaggio Globale non rappresenta un ammasso di funzioni all’interno di un contenitore più o meno grande. Per spiegare questo concetto attraverso un’efficace contrapposizione faccio riferimento all’esempio denigratorio rappresentato dai Centri Commerciali di stampo americano, come anche dalla gran parte degli Outlet che hanno invaso il nostro Paese (e non solo), sostanzialmente ancorati a una concezione architettonico-formale ripetitiva e, anche per questo, stancante.

Il City Motor, invece, trae spunto dall’ambiente. Sono l’ambiente, il verde, la Natura – preesistenze evidenti nell’area – che hanno stimolato il linguaggio dei segni (ovviamente personale) per definire un habitat indotto che si discosta solo marginalmente dall’habitat naturale. Ecco perché, in questo caso e (in apparenza) contrariamente alla mia visione dell’architettura odierna, ho voluto prediligere alcuni sviluppi orizzontali, limitatamente ad alcune delle funzioni, decisamente immersi nel contesto naturale, solo lievemente percettibili dalla visione d’insieme. L’enorme preesistenza di verde riesce a sostenere la scelta, mitigandone quasi del tutto l’impatto. Anche forme, materiali e colori (come spiegherò in successivi articoli) si ispirano all’habitat del luogo, alla varietà degli aspetti della Natura locale. La mia intenzione è stata quella di non lasciare nulla al caso e procedere con l’immersione delle forme all’interno dello spazio seguendo un preciso istinto: il mescolamento razionale tra artificio e sostanza originaria. In ogni caso e assolutamente in sintonia con la mia idea di sviluppo formale, ho lasciato spazio alla verticalità per gli elementi d ‘ingresso, i contenitori delle funzioni derivate (ossia di quelle a supporto della vocazione dell’area), cercando forme non insidiose nonostante le importanti dimensioni.

Dal punto di vista funzionale, ho scelto di operare in modo che gli spazi progettuali restassero organizzati con logiche di separazione delle funzioni principali, in modo da non sovrapporre disordinatamente le destinazioni d’utilizzo specifiche. Questo mi è servito anche per relazionare specifiche strutture piane (come, ad esempio, le piste e alcuni parcheggi) a ogni corpo di elementi funzionali.

Ora ripropongo la planimetria generale, separata dal contesto, così da illustrare le logiche distributive dell’area e le dimensioni metriche complessive. Rimando a successivi articoli la descrizione metrica di ogni corpo funzionale.

Gli accessi all’area più interna sono unicamente pedonali (fatta eccezione per un previsto servizio di navette dedicato, oltre che per i servizi relativi alle piste e i parcheggi retrostanti destinati a bus e camper), mentre l’intorno dell’area è complessivamente percorribile da automobili e servito da un ampio parcheggio sul fronte, oltre che da segmenti di sosta a spina, posti lungo tutto il percorso.

Una necessaria precisazione: la planimetria di progetto qui riportata rappresenta soltanto la rete della viabilità principale. L’organizzazione della percorribilità interna, piuttosto complessa, non è immediatamente rappresentabile a scale rappresentative di adattamento. Utile sapere che questa accessibilità è costituita da una fitta rete di percorsi, così da permettere il transito nel verde dell’intero spazio urbanizzato.

Alcuni dei corpi edilizi si presentano interni all’area, sostanzialmente posti ai margini del viale alberato centrale. Tra questo viale, appunto, e i corpi di fabbrica, si interpongono due ampie Promenade, utili alla migliore fruizione delle aree espositive. E difatti questi contenitori edilizi sono destinati alle funzioni espositive per le varie case di produzione afferenti al complesso mondo della motoristica.

Accanto al percorso carrabile principale (che, come detto, segue l’intero intorno dell’area), è posto un percorso pedonale della stessa lunghezza, immediatamente addossato al confine del lotto. Dall’altro lato del percorso carrabile – e sempre lungo tutto il confine – vi sono i parcheggi. Quest’organizzazione permette di raggiungere il punto d’interesse più vicino, di lasciare I’automobile, d’immettersi nel percorso pedonale e di introdursi, attraverso gli accessi, all’interno del Villaggio.

Davanti al fronte principale si estende una grossa area/piazzale (come già accennato) anch’essa dotata di parcheggio, che permette la migliore visibilità del grande corpo di fabbrica anteriore, nel quale s’ergono le due torri di servizio e l’arco metallico per I’accesso principale.

Al centro del Villaggio sono conservati e valorizzati gli attuali edifici rurali, a cui ho affidato la destinazione di accoglimento ludico (nell’intenzione di non alterarne le forme), accessibili attraverso il viale alberato esistente, per il quale è prevista l’implementazione di essenze arboree analoghe alle esistenti (cipressi).

Nello spirito stesso del ‘Villaggio Globale”, credo qui interpretato in maniera assolutamente prescindibile dalle distorsioni storiche e di metodo prodotte negli ultimi cinquant’anni, l’area raccoglie e organizza una serie di sotto-insiemi, alcuni dei quali sono ulteriormente oggetto di scorporo in altri sotto-insiemi.

I mc totali previsti per l’intervento sono pari a 200.256,34. L’occupazione del suolo è pari all’indice di 0,029, appena inferiore all’indice 0,03 prefisso quale massimale.

N. 2 – CITYMOTOR

Una delle sfide del progetto CityMotorVallelungaOutlet è stato quello di inserire un Villaggio Globale della Motoristica in un ambiente naturale rurale, caratterizzato da elementi di evidente spontaneità.

Fin dal principio e in coerenza con la mia posizione riguardo la salvaguardia ambientale, ho deciso di non alterare la naturalezza dell’ambiente e integrare gli elementi progettuali in maniera il più possibile coerente con le preesistenze. Molto interessante, a tal proposito, mi è sembrato il viale alberato con cipressi che, partendo dalla strada posta longitudinalmente al lato principale del lotto (ricordo, di 27 ha), si allunga verso il centro. Proprio qui, centralmente all’area, è presente un gruppo di volumi rurali piuttosto interessante. A questi volumi ho affidato il compito di partecipare, insieme alle preesistenze arboree, alla conservazione della memoria storica del luogo.

Dai punti di vista urbanistico e architettonico, l’idea generale è stata quella di realizzare un complesso coordinato e finalizzato all’accoglimento di una serie di funzioni per la motoristica, non in competizione con l’autodromo ma a sostegno di esso. In altri termini, ho cercato di urbanizzare l’area mirando alla creazione di una micro-città delle automobili.

Ho pensato alla micro-città dell’automobile come a un ambiente autosufficiente, dove la conduzione ordinaria (e, per alcuni versi, straordinaria) della vita potesse essere fluida e soddisfacente.

Voglio introdurre, fin d’ora, la planimetria generale dell’intervento progettuale (ovviamente a scala ridottissima e di adattamento). Così mi sarà più facile raccontare le scelte e, per chi vorrà leggere, capirle.

È facile scorgere, a destra della planimetria, l’area dell’Autodromo. Ed è facile collocare visivamente la posizione dell’area assoggettata all’intervento. La sua forma è pressoché triangolare. Il fronte è delineato da un’arteria di collegamento abbastanza importante, il lato destro è delineato da un’arteria di collegamento vicinale. Il lato sinistro segue l’andamento di un lieve incavo longitudinale (per lunghi tratti perfino inesistente) che agli atti del PTPR è sorprendentemente considerato corso d’acqua. Ragion per cui si sono aperte non poche problematiche che hanno portato il Presidente della Copy e me a discussioni con soggetti preposti al vincolo, nel tentativo di determinare una presa di coscienza e superarne le limitazioni. Ma siamo in un Paese dove la macchina burocratica è lenta e, mi sia concessa la polemica, forse i piani programmatici si fanno su carta. Così, benché indispettiti e delusi, abbiamo scelto di arretrare l’intervento per evitare disastrose perdite di tempo.

Dunque e in sintesi, all’interno di questa oasi (o micro-città, o Villaggio Globale) ho introdotto:

  • un’area (ai lati del viale alberato d’ingresso) destinata alla rivendita di auto e moto;
  • un’area (lato destro dall’ingresso – primi corpi) destinata attività commerciali di varia natura,
  • un’area di competenza del Villaggio (lato destro dell’ingresso – corpi successivi), destinata ad accoglienza temporanea, esclusivamente a servizio delle funzioni interne;
  • un teatro/auditorium con attività correlate e annesse (ricezione, camerini, ristoro e servizi esclusivi);
  • due corpi di fabbrica imponenti e destinati a funzioni di varia natura, posti ai lati dell’ingresso. Questi corpi terminano, diametralmente all’ingresso, con due torri per servizi.
  • locali per esposizione permanente e temporanea (posti nelle torri inserite nei corpi d’ingresso);
  • locali per convegnistica (inseriti nei laterali dei corpi d’ingresso);
  • locali per ristoro di vario livello e dimensione (accoglienza nei corpi esistenti e da riqualificare, ristorazione nelle torri d’ingresso, bar/ristoro nell’area commerciale);
  • aree a parco e piste motoristiche di diversa tipologia, utili sia alle attività di rivendita, sia e principalmente all’esercizio di sport;
  • grandi spazi per parcheggi, anche con specifica destinazione (bus, camper, raduni di auto e moto d’epoca);
  • percorsi pedonali dedicati.

Questa carrellata è stata necessaria per accennare alla portata e alle finalità del progetto. Negli articoli successivi cercherò di descrivere sia il percorso pianificatorio/progettuale (introducendo anche fattori metrico/dimensionali), sia ogni elemento architettonico introdotto.

Mi concedo un brevissimo cenno riguardante i maestosi corpi d’ingresso. Le due torri terminali sono pensate e disegnate evocando i fari di una vettura. La scelta della vettura di riferimento non è stata poi così difficile: chiunque qui in Italia avrebbe immaginato la Ferrari. Naturalmente, anch’io. Il rosso dei corpi ne afferma l’evocazione. Ma ci ritornerò su’.

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