Elodia Rossi

N. 1 – Riqualificazione Centro Storico

Anno 2008.

Il Comune di Santi Cosma e Damiano indice una gara a procedura ristretta per l’affidamento di servizi di progettazione e pianificazione mirati al recupero e alla valorizzazione del Centro Storico.

In sostanza si tratta di riqualificare l’area prossima alla sede comunale, tramite il recupero/rifacimento di un sistema di tre piazze pressoché contigue.

Partecipo e mi aggiudico l’appalto. Motivata dall’appartenenza al luogo, muovo verso il progetto che più avanti illustrerò con alcuni articoli numerati, a partire da questo.

Sono passati alcuni anni, tra lentezze burocratiche ormai superate, e finalmente si sta procedendo verso la realizzazione dell’opera. Sarò io, avendo già redatto il progetto da tempo approvato, a dirigere i lavori.

Lo scenario

Posto a 181 ml s.l.m., Santi Cosma e Damiano possiede un territorio esteso circa ha 3020, con densità di popolazione per kmq è pari a 220,02 unità (in crescita rispetto al dato censuario del 2001, che ne contava 207,0).

La popolazione in valore assoluto è pari a 6.995 unità (ultimi dati censuari ISTAT, con lieve incremento rispetto ai dati del 2001, quando la popolazione contava 6.532 unità, di cui 3.165 maschi e 3.367 femmine). Il numero complessivo delle famiglie residenti è pari a 2.478 circa e il numero delle abitazioni è di 3.200. Dato, quest’ultimo, che supera il numero delle famiglie, attestando il fenomeno di spopolamento che si è intensificato soprattutto negli anni precedenti la rilevazione censuaria del 2001 e che, tra i due censimenti, sembrava aver lievemente invertito rotta.

Tra gli anni 2001 e 2011, intervallo tra i due censimenti ISTAT, si è dunque assistito a un incoraggiante fenomeno: il mercato degli acquisti di abitazioni nell’area comunale era in aumento, in particolare per via di acquirenti provenienti dal napoletano e dalla Capitale (e/o aree limitrofe), investendo così il territorio di un ruolo rinnovato nell’accoglimento, con prospettive positive per la complessiva qualità della vita. Ne avrebbe potuto derivare una crescita economica, anche se con valori moderati, nonché un indiscutibile beneficio per la popolazione residente in termini complessivi di organizzazione sociale.

In questo contesto, corrispondente agli anni di redazione del progetto, il ruolo del Centro Storico assumeva di certo un’importanza non trascurabile e il programma di recupero rappresentava un elemento di grande sfida per il miglioramento dell’immagine del territorio in questione. La posizione dell’intervento, nel contesto del Centro Storico e sulla direttrice d’ingresso (via Garibaldi) che conduce ai principali attrattori (Chiesa patronale, Piazza Tommaso Rossi, Auditorium, Municipio), ne determinava il duplice ruolo di attrattore e di elemento strutturale a servizio della popolazione (e del visitatore).

Purtroppo le ricadute della recente e nota crisi economica mondiale – che in luoghi di minore dimensione si avvertono con un certo ritardo – hanno arrestato il processo di crescita e rinnovato lo spopolamento (dopo il 2011). L’inversione di rotta sembra aver ripreso i ritmi tipici subordinati allo sviluppo delle grandi urbanizzazioni, ormai indiscussi attrattori. E il territorio di Santi Cosma e Damiano è pressoché intermedio tra Napoli e Roma, due tra le maggiori urbanizzazioni italiane (le maggiori, lo ricordo, sono tre. Nell’ordine: Roma, Milano e Napoli).

Tuttavia e proprio per questi recenti gravi problemi, l’importanza di dare impulso alla visibilità del territorio assume oggi una maggiore forza: fattore di contrasto al processo di degrado fisico e di mortificazione economico/turistica.

Le basi programmatico/progettuali

Si tratta di un percorso di pianificazione alla micro scala, con l’inclusione di componenti di progettazione architettonica.

Oggi: Piazza Pensile dall’alto

Il territorio circostante l’area d’intervento, pur essendo in posizione centrale, soffre di un certo livello di degrado anche per la presenza di circoscritti nuclei con grave incidenza di strutture fatiscenti. Il sistema del decoro complessivo appare scoordinato (ad esempio, nelle colorazioni/decorazioni delle quinte stradali prossime all’area d’intervento) e vetusto nella concezione architettonica di molti dei fabbricati recentemente ristrutturati.

Riguardo l’area specifica d’intervento, risulta particolarmente degradata e decisamente non funzionale la Piazza Pensile.

Nata alcuni anni fa, la sua disarticolata conformazione non ha mai concesso alcuno stimolo alla fruizione.

Oggi: degrado Piazza Pensile

Problemi aggiuntivi, sorti poco dopo, di carattere strutturale (come le diffuse infiltrazioni, gli accumuli acquiferi, gli scollamenti delle pavimentazioni e dei rivestimenti), hanno aggravato la già sgradevole situazione.

Le altre due Piazze, Medaglia d’Argento e Largo Savoia, benché in condizioni decisamente migliori (difatti sono abitualmente frequentate), necessitano comunque di recuperi importanti – sia funzionali che strutturali – e di coordinamento funzionale/estetico per la messa a sistema.

Le tre piazze (Piazza Medaglia d’Argento, Largo Savoia e Piazza Pensile), oggi dunque fruite solo in parte e funzionalmente/esteticamente disconnesse, benché limitrofe, offrono interessanti spunti per il recupero e per l’acquisizione dell’atteso ruolo di attrazione turistica, oltre che di stimolo all’uniformità futura dello spazio urbano centrale.

Il progetto prevede che gli spazi siano organizzati con logiche di separazione delle funzioni principali, in modo tale da non sovrapporre disordinatamente le destinazioni d’utilizzo specifiche, pur nella concezione dell’uniformità estetica e della continuità urbanistica. Gli accessi alle aree interne sono pensati quasi unicamente pedonali. Il sistema degli accessi/collegamenti mira a soddisfare sia esigenze di fruibilità, sia esigenze di integrazione complessiva.

Le scelte progettuali hanno seguito un sostanziale principio di metodo: consegnare al territorio un intervento esteticamente e funzionalmente valido, in modo da rendere maggiormente fruibile l’area e – come detto – trasferire l’immagine di un nuovo elemento attrattore che non entri in contrasto con la vocazione storico/territoriale, ma che abbia comunque un valore di certa innovazione e di “illustrazione” dell’insieme territorio.

Ne parlerò nei prossimi articoli della serie.

N. 9 – Spazi e Luoghi dell’Architettura

Una breve ma intensa carrellata di soluzioni architettoniche del tipo città verde verticale può affidarsi all’analisi delle opere di Vincent Callebaut. Nato in Belgio soltanto 40 anni fa, è già uno dei mostri sacri dell’architettura contemporanea. Vive a lavora a Parigi, è consigliere regionale dell’Ile-de-france, possiede un enorme patrimonio di progetti innovativi affidati a modalità costruttive ecologiche e altamente innovative.

Callebaut interpreta il futuro urbano come un’immersione profonda nella natura più varia. Aria, acqua, terra e fuoco trovano spazio nelle sue ideazioni, senza trascurare però né il ruolo della verticalizzazione, né quello dell’innovazione formale. Movimento o staticità, sinuosità o rigidezza (a seconda dei casi e delle ambientazioni), esplosioni, implosioni, esternazioni inaspettate di una mente in grado di parlare all’Universo.

La coscienza della necessità di un cambiamento di rotta per il divenire urbano si mescola abilmente con il richiamo alla foresta attraverso le più avanzate tecniche e tecnologie. Edifici dalle forme di alti boschi avvicinano i tessuti storici senza alterarne la memoria. La città procede verso il cielo, è autosufficiente, non richiede spazi di suolo circostante da urbanizzare a verde perché è essa stessa verde. Le progettazioni di Callebaut trasmettono questa percezione, austera e difficile per chi non riesce a capire che la verticalizzazione è l’unico appiglio alla vita urbana del futuro.

Agroecologia e sistemi alimentari sostenibili impostati su torri di legno che s’intersecano, in grado di fronteggiare i cambiamenti climatici attraverso sistemi economici e ambientali alternativi, per il progetto Hyperions destinato a New Delh

Foreste verticali autonome, anche energeticamente, a mutare il paesaggio di gare Maritime a Bruxelles, con il progetto Tour & Taxis.

Con edifici a forma di DNA, il progetto Citytrees (anche detto DNA Towers) per Yangzhou (Cina), costituisce un habitat produttivo, generando più energia di quanta necessaria al suo fabbisogno. Gli edifici elicoidali sono progettati anche riciclare i propri rifiuti.

Ancora sulla scia del combattere il cambiamento climatico attraverso l’architettura, nasce il progetto Paris Smart City 2050. Otto Torri plus- energetiche per Parigi, introducono la natura nel cuore urbano e propongono innovativi metodi di cattura dell’energia.

E che dire di Dragonfly? L’edificio metabolico per l’agricoltura urbana di New York? Fonda sulla disponibilità agricola per coltivazioni autonome, all’interno di un complesso misto (alloggi, uffici, laboratori di ingegneria ecologica, eccetera). Una vera e propria azienda verticale, dotata di tutte le forme dell’agricoltura biologica (anche con produzione intensiva e mutante col variare delle stagioni). Un tipo di agricoltura peraltro pensata per il riutilizzo dei rifiuti biodegradabili e per la produzione e conservazione dell’energia. Geniale.

Tra le molte altre progettazioni di Callebaud ce n’è anche una per Roma. All’interno della Città della Scienza, s’inserisce – tra l’altro – un complesso di torri quali ecosistemi urbani autosufficienti per la trasformazione del distretto militare in disuso (ex caserme di via Guido Reni). L’obiettivo progettuale è quello di introdurre un nuovo modo di urbanizzare scommettendo sulla biodiversità: basse emissioni di carbonio, energie rinnovabili, materiali verdi e tecnologie di automazione altamente innovative.

Per quanto tra tutti i progetti di Callebaut è quello che mi piace di meno, questa elaborazione per la Città della Scienza avrebbe potuto dare una spinta non di poco conto alla Capitale, sensibilizzando a una nuova concezione del costruire. Ma è stato scelto il progetto dello Studio 015 Viganò, anch’esso fondato su principi di autosufficienza ma non caratterizzato dall’esplosione in altezza. Senza nulla togliere alla qualità dell’idea vincitrice, continua a dispiacermi l’ostinazione di Roma a privilegiare l’orizzontalità.

N. 9 – CITYMOTOR

Questo articolo conclusivo sull’esperienza progettuale di CITYMOTOR è importante per rappresentare, seppur sinteticamente, le dinamiche che hanno guidato il percorso e le aspettative per il futuro.

Difatti questa esperienza è stata complessa e certamente l’illustrazione che ne ho fatto nei precedenti otto articoli non è esaustiva, perfino al di là della semplificazione delle rappresentazioni grafiche (dovuta alla scala di adattamento). L’articolazione delle componenti in gioco, sia di carattere relazionale che progettuale, ha richiamato tempo e attenzione. La mitigazione delle esigenze di pianificazione con le incoerenti restrizioni delle pubbliche amministrazioni coinvolte (fattore che ho semplicemente accennato, anche se meriterebbe maggiore spazio), ha portato alla rivisitazione progettuale più volte. Nonostante tutto, il risultato mi soddisfa.

Non è un caso che i vincoli imposti, generalmente astrusi dalla realtà, mi hanno portata a rivedere la distribuzione dell’area, ma non l’articolazione delle forme architettoniche. Né, in tema di variazione dell’impianto urbanistico, ho ceduto all’alterazione del sistema naturale, nella precisa intenzione di rispettare l’ambiente preesistente, le sue espressività indigene, le sue prerogative mediterranee. Trovo spesso incoerente l’idea secondo cui l’espianto di un albero debba essere equiparato all’impianto di uno nuovo, magari di differente essenza. Anche per questo, l’impatto è minimo.

In tema di vincoli imposti, oltre quanto ho già accennato sull’inesistente corso d’acqua, vale la pena citare l’incredibile decisione pubblica di pretendere la cessione di una macroscopica quota di ricavi, sottraendola di fatto al sistema di parcheggi necessari al diretto soddisfacimento dei flussi di visitatori o traducendola in opere pubbliche da edificare (considerate, a dir loro, compensative), così confermando la diffusa difficoltà di un Paese nel saper identificare il bene comune nello sviluppo territoriale. È evidente che, trattandosi di un intervento soggetto a pratiche di investimento privato, questo avrebbe portato a maggiori difficoltà nelle trattative. Ed è evidente che tale richiesta è stata fortemente contrastata dal Presidente Cocomello e da me, in seno alle molte riunioni che sono state effettuate.

Ci si sarebbe aspettati, al contrario, una forma di intelligente compartecipazione, in termini sostegno alla comunicazione e di potenziamento delle infrastrutture di collegamento primario con l’area. Cose di cui avrebbe gran bisogno anche l’Autodromo esistente. Ma, invertendo una produttiva intuizione del passato, si potrebbe affermare: vi diamo la città e ci darete le infrastrutture.

Diverse ragioni, sia legate alle scelte modulari (perfino scatolari) della gran parte delle architetture interne all’area, sia derivate dalla esigua alterazione del sistema naturale, sia relazionate alla meticolosa scelta dei materiali da costruzione (non impattanti, a costo contenuto e di snella messa in opera), hanno portato indubbi vantaggi in termini di contrazione dei costi di realizzazione dell’impianto complessivo.

La volontà di rendere l’insieme autonomo dal punto di vista dei consumi, ha mosso gli ingegneri Carlo Cocomello e Maurizio Landolfi (ricordo che si sono occupati di impianti e temi energetici) verso scelte adeguate e perfino di alto rendimento. Si è così configurato, tra l’altro, un sistema in grado di produrre maggiore energia del reale fabbisogno, ovviamente spendibile sul mercato.

L’attuazione del programma generale è stata affidata a percorsi di finanza di progetto. Con questa tipologia di azione sarà possibile raccordare privato e pubblico, inserendo nel sistema complessivo anche il potenziamento delle infrastrutture primarie. Finora sono stati esaminati diversi investitori, attività curata in particolare dalla Copy per il tramite del già citato Presidente. Sebbene l’interesse dimostrato sia da considerarsi premiante, il processo decisionale necessita di maggiore esplorazione. L’analisi costi benefici ha chiarito le potenzialità dell’intervento e, come crediamo, l’utilità di contrarre il numero dei possibili investitori potrebbe sortire effetti migliorativi per le successive fasi gestionali. Sarebbe oltremodo utile se l’investimento generale fosse assorbito da pochi o, addirittura, da un solo soggetto o gruppo.

Mi auguro che questo progetto avrà definitivo successo con la sua realizzazione, a vantaggio di un territorio che, per sue prerogative e potenzialità, meriterebbe di essere conosciuto e correttamente fruito.

N. 8 – CITYMOTOR

In prossimità del culmine del lotto di 27 ha, ragionevolmente distante dalle funzioni espositive e residenziali, è collocata l’area della spettacolarizzazione. Luogo privilegiato per le Officine Rambaldi, all’interno del quale mettere in scena opere comunque legate al mondo della motoristica: dalle restituzioni pubblicitarie a vere e proprie rappresentazioni.

Il Teatro, una vera provocazione, è pensato con gli ingombri tipici di quelli romani. Parlo di ingombri, visto che le forme vengono ridotte all’essenziale, definendo un’immagine estremamente lineare, pulita, fatta eccezione per un evocativo colonnato posto a delimitare l’area scenica dal retroscena. Non un ulteriore elemento aggiuntivo, non una decorazione, lasciando al bianco marmoreo il ruolo del protagonista.

I colori sono affidati alla spettacolarizzazione, all’uso degli ologrammi (di cui l’Officina Rambaldi è maestra) che vanno a rappresentare il punto di forza e di differenziazione dell’immagine virtuale.

Ovviamente immerso nel verde, questo corpo – in principio pensato con una volumetria maggiore per accogliere anche altre funzioni – conta un ingombro di mc 47.200 (V/P). Sottostanti l’arena, sono contenute funzioni di Auditorium, ristoro, ovviamente camerini e spazi destinati al deposito scenico, oltre i necessari servizi di supporto.

E poi le piste, immerse nel verde naturale, separate secondo funzioni e di supporto alla grande pista dell’Autodromo Internazionale poco distante. L’insieme – area pianificata e Autodromo esistente – devono considerarsi un solo ambiente funzionale, complesso e completo, a servizio dei motori.

La Pista per i Fuoristrada, posta a destra dell’ingresso, con una lunghezza complessiva di ml 550 e una larghezza carrabile di ml 8.

La Pista per Go-Kart e Moto, posta a sinistra dell’ingresso, con una lunghezza complessiva di ml 767 e una larghezza carrabile di ml 6+6 (doppia pista, composta da segmenti carrabili perfettamente allineati).

La Pista per Modellismo, posta a destra dell’ingresso (oltre quella dei Fuoristrada), con una lunghezza complessiva di ml 514 e larghezza pari a ml 1,5.

Infine i Parcheggi. L’intero lotto è circondato – come già detto – da una strada, lungo il margine della quale (in posizione interna, ossia verso l’area urbanizzata) è collocata una fila continua di parcheggi a spina destinati a personale, commercianti, fruitori, eccetera. Immediatamente prima del fronte d’ingresso è posizionata un’ampia area a parcheggio, esclusivamente di competenza dei fruitori.

Aree di sosta per Bus e Camper, coprenti un’area complessiva di mq 13.826,00, sono poste al culmine del lotto, in maniera da non creare disturbo alla visione d’insieme e alle funzioni motoristiche. Il parcheggio per bus, possiede l’estensione di mq 4.378,00. L’area di sosta per Camper, possiede l’estensione di mq 9.447,00 ed è dotata di tutti i confort che la destinazione richiede (la mappa d’insieme, riportata agli articoli precedenti, non ne consente la completa visualizzazione per esemplificazioni di scala).

In ultimo, è stato ritenuto necessario e interessante introdurre un’area dedicata all’accoglienza di auto e moto d’epoca; vale a dire, un’area per raduni. È posta a destra del Teatro e possiede un’estensione di mq 11.275,00.

Come precedentemente accennato, un articolato sistema di sentieri pedonali e piccole strade destinate al solo transito di navette, permettono l’accesso  a tutti i luoghi interni all’area.

N. 7 – CITYMOTOR

Verde e arancio in facciata principale, verde uniforme per la facciata posteriore: sono i colori che contraddistinguono la Tipologia Residenziale di CITYMOTOR.

Quando le pubbliche amministrazioni generano ostacoli incomprensibili allo sviluppo organico di un progetto, chi ne paga le conseguenze è – al di là dei proponenti, non escluso il progettista – il territorio. E questo è un caso. L’area destinata a residenze, all’interno della città dei motori, era inizialmente pensata per soddisfare le esigenze di un potenziale pubblico interessato al tema di fondo del programma, sia che si trattasse di personale a servizio dell’area, sia di turisti. In sede di discussione del progetto, i referenti comunali avanzavano motivazioni francamente inadeguate e tese all’esclusione dei turisti dagli obiettivi dell’accoglienza interna all’Outlet. In sintesi, lo sviluppo di CITYMOTOR avrebbe potuto – a loro dire – sottrarre turismo all’area più ampia. Innanzi tutto – cosa che il Presidente Cocomello e io abbiamo rappresentato – il turismo interno non avrebbe potuto che afferire prevalentemente agli appassionati della motoristica; in secondo luogo e dato lo stato di abbandono ambientale (in senso lato) del territorio circostante l’Autodromo, non si ravvisava il senso di una tale opposizione. Né è valso spiegare quale maggiore indotto avrebbe potuto generare un sistema più completo, in termini di economia locale e di attrattività dei potenziali finanziatori.

Purtroppo – come generalmente accade tra proponenti e pubbliche amministrazioni – abbiamo dovuto assecondare le pretese e contrarre dimensionalmente i volumi destinati alla ricettività, relegandone le funzioni esclusivamente al personale a servizio dell’Outlet. Ma non è detta l’ultima parola.

La Tipologia Ricettivo/Residenziale si compone, in armonia con le scelte tipologiche complessive dei volumi interni all’area, di Blocchi ripetitivi di cinque unità (mini alloggi). Ogni unità conta un solo piano e la diversificazione in facciata corrisponde alle differenti altezze interne. Il solaio piano di copertura di ogni unità è, in questo caso, inclinato, generando maggiore altezza verso il fronte principale.

 

Posti oltre i Blocchi tipologici del Commerciale, con un volume complessivo di mc 4.158 distribuito su sette corpi lievemente distanziati tra essi, questi edifici risultano praticamente allineati alla strada di servizio che circonda il lotto.

Ogni mini alloggio contiene un ambiente polifunzionale, una camera e un bagno.

Tra un Blocco e l’altro sono previsti camminamenti che permettono, tra l’altro, l’immediato accesso dalla strada posteriore, ai margini della quale sono posizionati i parcheggi dedicati.

N. 6 – CITYMOTOR

Proseguo con la descrizione delle tipologie edilizie interne all’area dell’Outlet della Motoristica.

La Tipologia Commerciale, anch’essa composta da Blocchi ripetitivi di cinque unità – tre unità di piani due poste a intervalli regolari con due unità a un piano, accoglie prevalentemente le funzioni del commercio strettamente legate alla motoristica. Vale a dire produttori e rivenditori di componenti per auto e moto, pezzi di ricambio, vestiario dedicato, eccetera. Insomma, tutti i mezzi e le strumentazioni di supporto alle attività legate ai motori. Tuttavia, per completezza di servizi, questa tipologia accoglie anche limitate funzioni necessarie alla soddisfazione di bisogni alimentari e sanitari (farmacie).

In totale si tratta di sette Blocchi, posizionati lungo il margine destro dell’impianto urbanistico, subito dopo la strada di progetto che circuisce l’intero lotto. Il volume complessivo è di mc 4.384. L’insieme è decisamente ridotto rispetto al complesso dei Blocchi per Rivenditori (Rif. Art. N. 5 – CITYMOTOR), in ragione delle differenti funzioni contenute. I Rivenditori di auto e moto, ovviamente, necessitano di spazi espositivi di dimensioni maggiori.

Sempre pregando di non fare attenzione alla scala di adattamento, riporto piante e prospetti semplificati.

Per identificare la tipologia Commerciale, ho scelto di utilizzare prevalentemente il color petrolio per le facciate a vista, con intervalli diversificati per la sola facciata anteriore. Il color petrolio, per sua natura, caratterizza il settore, mentre la diversificazione in facciata anteriore garantisce la segmentazione visiva dei volumi corrispondenti, ognuno, a un differente venditore.

 

Anche in questo caso, come per l’insieme delle tipologie edilizie interne all’area, ho scelto espressività formali estremamente lineari e relazionate alle precedenti, nella convinzione di voler delegare al paesaggio naturale e ai pochi elementi di supporto (come i colori, le tensostrutture e le pensiline metalliche), l’articolazione dell’insieme.

Questo complesso tipologico riporta, tra l’altro, mc. 4.800 di spazi per pensiline sui lati longitudinali e mc. 2.700 di pensiline di passaggio trasversale tra i singoli Blocchi.

N. 5 – CITYMOTOR

200.256,34 mc su un’area di 27 ha, con accorpamento – ai fini dell’incremento del dato volumetrico – di altri 40 ha limitrofi: è CITYMOTOR, l’Outlet della Motoristica a servizio dell’Autodromo Internazionale di Vallelunga.

Come detto nei precedenti articoli, lo spirito dell’iniziativa mira alla creazione di un complesso organico spazialmente e funzionalmente, incentrato sul tema dell’OUTLET motoristico, che si dispiega in una serie di funzioni tra loro complementari e necessarie a definire uno spazio attrezzato autosufficiente e turisticamente competitivo.

Proseguo con la descrizione delle tipologie edilizie.

Brevemente – solo per sinteticità, data la dimensione degli argomenti da trattare – faccio riferimento ai volumi esistenti nell’area, posizionati pressoché centralmente (fatto salvo un piccolo volume posto lungo il percorso alberato), ai quali ho destinato il ruolo di accoglienza/informazioni, con piccoli spazi per ristoro e attività ludiche. Per questi volumi ho adottato un criterio progettuale di recupero conservativo. L’intenzione è identificare in essi la memoria storica del luogo, conseguibile col rispetto assoluto delle antiche forme e dei preesistenti colori, e garantire un positivo impatto sul patrimonio edilizio esistente. La volumetria complessiva di questi edifici rurali è di mc 8.370,34. Le foto che seguono ne illustrano la tipologia, in linea con le analoghe espressioni architettoniche rurali del posto.

 

Transitando attraverso il maestoso arco metallico e, dunque, superando i due Blocchi d’Ingresso (di cui ho parlato nel precedente articolo), ci si immette nel percorso alberato. Dopo un primo e lungo tragitto rettilineo, si giunge ai corpi edilizi rurali centrali e, ancora oltre, all’area destinata al teatro. L’insieme di questi elementi è racchiuso tra due file di alberi, come a segnare un percorso idealmente indipendente dalle aree in cui la motoristica gioca un ruolo dinamico, per la presenza – tra l’altro – delle diverse piste.

Ai lati esterni del tragitto alberato, a partire da poco oltre l’ingresso, sono posizionati i sette Blocchi per espositori di auto e moto, composti di elementi a un piano ed elementi a due piani sovrapposti, per un totale di mc 15.344,00.

 

Si tratta di Blocchi ripetitivi di cinque unità – tre unità di due piani poste a intervalli regolari con due unità ad un piano. I prospetti sono estremamente lineari, essenziali, nell’intenzione di evitare l’eccessiva segmentazione dei volumi, in considerazione della già importante articolazione d’insieme.
Invece, le scelte di utilizzare colori decisi per le diverse tipologie edilizie – generalmente pregnanti nell’intera area – sono mirate a ricalcare il ruolo dell’Outlet quale sede della motoristica, oltre a identificare ogni tipologia univocamente.

Dunque e in linea generale, le diverse tipologie edilizie (la cui illustrazione continuerà nei prossimi articoli) rispecchiano una considerazione di massima che vede l’opportunità del ripetersi di forme basilari, fatta eccezione per le preesistenze, i corpi d’ingresso e il teatro.  Diversamente, maggiore articolazione è affidata agli elementi di supporto (tensostrutture per gli espositori, pensiline ferree per il commerciale, tenso-pensiline per la ricezione esclusiva). Qualche render chiarisce i concetti.

Sul retro, questa tipologia supporta una pensilina metallica per definire un percorso utile in caso di pioggia.

N. 2 – CITYMOTOR

Una delle sfide del progetto CityMotorVallelungaOutlet è stato quello di inserire un Villaggio Globale della Motoristica in un ambiente naturale rurale, caratterizzato da elementi di evidente spontaneità.

Fin dal principio e in coerenza con la mia posizione riguardo la salvaguardia ambientale, ho deciso di non alterare la naturalezza dell’ambiente e integrare gli elementi progettuali in maniera il più possibile coerente con le preesistenze. Molto interessante, a tal proposito, mi è sembrato il viale alberato con cipressi che, partendo dalla strada posta longitudinalmente al lato principale del lotto (ricordo, di 27 ha), si allunga verso il centro. Proprio qui, centralmente all’area, è presente un gruppo di volumi rurali piuttosto interessante. A questi volumi ho affidato il compito di partecipare, insieme alle preesistenze arboree, alla conservazione della memoria storica del luogo.

Dai punti di vista urbanistico e architettonico, l’idea generale è stata quella di realizzare un complesso coordinato e finalizzato all’accoglimento di una serie di funzioni per la motoristica, non in competizione con l’autodromo ma a sostegno di esso. In altri termini, ho cercato di urbanizzare l’area mirando alla creazione di una micro-città delle automobili.

Ho pensato alla micro-città dell’automobile come a un ambiente autosufficiente, dove la conduzione ordinaria (e, per alcuni versi, straordinaria) della vita potesse essere fluida e soddisfacente.

Voglio introdurre, fin d’ora, la planimetria generale dell’intervento progettuale (ovviamente a scala ridottissima e di adattamento). Così mi sarà più facile raccontare le scelte e, per chi vorrà leggere, capirle.

È facile scorgere, a destra della planimetria, l’area dell’Autodromo. Ed è facile collocare visivamente la posizione dell’area assoggettata all’intervento. La sua forma è pressoché triangolare. Il fronte è delineato da un’arteria di collegamento abbastanza importante, il lato destro è delineato da un’arteria di collegamento vicinale. Il lato sinistro segue l’andamento di un lieve incavo longitudinale (per lunghi tratti perfino inesistente) che agli atti del PTPR è sorprendentemente considerato corso d’acqua. Ragion per cui si sono aperte non poche problematiche che hanno portato il Presidente della Copy e me a discussioni con soggetti preposti al vincolo, nel tentativo di determinare una presa di coscienza e superarne le limitazioni. Ma siamo in un Paese dove la macchina burocratica è lenta e, mi sia concessa la polemica, forse i piani programmatici si fanno su carta. Così, benché indispettiti e delusi, abbiamo scelto di arretrare l’intervento per evitare disastrose perdite di tempo.

Dunque e in sintesi, all’interno di questa oasi (o micro-città, o Villaggio Globale) ho introdotto:

  • un’area (ai lati del viale alberato d’ingresso) destinata alla rivendita di auto e moto;
  • un’area (lato destro dall’ingresso – primi corpi) destinata attività commerciali di varia natura,
  • un’area di competenza del Villaggio (lato destro dell’ingresso – corpi successivi), destinata ad accoglienza temporanea, esclusivamente a servizio delle funzioni interne;
  • un teatro/auditorium con attività correlate e annesse (ricezione, camerini, ristoro e servizi esclusivi);
  • due corpi di fabbrica imponenti e destinati a funzioni di varia natura, posti ai lati dell’ingresso. Questi corpi terminano, diametralmente all’ingresso, con due torri per servizi.
  • locali per esposizione permanente e temporanea (posti nelle torri inserite nei corpi d’ingresso);
  • locali per convegnistica (inseriti nei laterali dei corpi d’ingresso);
  • locali per ristoro di vario livello e dimensione (accoglienza nei corpi esistenti e da riqualificare, ristorazione nelle torri d’ingresso, bar/ristoro nell’area commerciale);
  • aree a parco e piste motoristiche di diversa tipologia, utili sia alle attività di rivendita, sia e principalmente all’esercizio di sport;
  • grandi spazi per parcheggi, anche con specifica destinazione (bus, camper, raduni di auto e moto d’epoca);
  • percorsi pedonali dedicati.

Questa carrellata è stata necessaria per accennare alla portata e alle finalità del progetto. Negli articoli successivi cercherò di descrivere sia il percorso pianificatorio/progettuale (introducendo anche fattori metrico/dimensionali), sia ogni elemento architettonico introdotto.

Mi concedo un brevissimo cenno riguardante i maestosi corpi d’ingresso. Le due torri terminali sono pensate e disegnate evocando i fari di una vettura. La scelta della vettura di riferimento non è stata poi così difficile: chiunque qui in Italia avrebbe immaginato la Ferrari. Naturalmente, anch’io. Il rosso dei corpi ne afferma l’evocazione. Ma ci ritornerò su’.

N. 1 – CITYMOTOR

CITYMOTOR tratta di un percorso di pianificazione alla piccola scala, inclusivo di componenti di progettazione architettonica.

L’idea di affrontare la progettazione di un polo motoristico mi sembrò subito coinvolgente. Una vera e propria sfida.

Parto dall’inizio. Era il 2007 e la Società Copy, con sede in Formia (LT), mi coinvolse attraverso il suo Presidente, prof. Luigi Cocomello. Questi, uomo di grande intuizione, vide l’opportunità di affidare il futuro dell’Autodromo internazionale di Vallelunga alla riqualificazione di una limitrofa area privata di 27 ha. Il contesto complessivo (amministrativo e di coordinamento), nel quale veniva introdotta l’idea, era gestito dalla Provincia di Roma, tramite la società pubblica Provincia Attiva.

Si partiva dalla consapevolezza che l’Autodromo di Vallelunga, benché internazionale per la composizione delle piste, vivesse un disagio enorme per l’assenza di funzioni territoriali in grado di potenziarne l’attrazione. Per questa ragione, lo spirito dell’iniziativa mirava alla progettazione di un complesso organico spazialmente e funzionalmente, incentrato sul tema dell’OUTLET motoristico, che si dispiegasse in una serie di funzioni tra loro complementari e necessarie a definire uno spazio attrezzato autosufficiente. In altri termini, i 27 ha di suolo sarebbero dovuti diventare un Villaggio motoristico/commerciale.

Incontri, riunioni, confronti, scambi d’opinione e poi via, dall’idea iniziale al progetto.

E mentre io mi occupavo della pianificazione dell’area e della progettazione architettonica dei “contenitori delle funzioni”, l’ing. Carlo Cocomello progettava gli impianti e l’ing. Maurizio Landolfi si occupava dei temi energetici. Due professionisti della renderizzazione (Enrico Rossi e Angelo De Meo) ci permettevano di visualizzare velocemente ogni scelta.

Il Progetto

Come fatto cenno, i principi su cui fonda il progetto mirano a qualificare l’offerta motoristica in funzione dello sviluppo turistico dell’area dell’Autodromo, con interventi volti da un lato alla creazione di stazioni espositive, quale fulcro dell’offerta, dall’altro all’introduzione di un complesso di funzioni destinate alla generazione di un sistema attrattivo. Difatti, alcune delle componenti progettuali (relative ai 27 ha in qualificazione) costituiscono la vera idea di integrazione e di sviluppo sostenibile dell’area territoriale più ampia, coerentemente alla volontà di rendere al territorio un contributo di crescita economica relazionata al turismo, richiamando il ruolo della competitività, anche in tema programmatico/progettuale.

Peraltro, il contesto territoriale in cui è inserita l’area di 27 ha (oggetto dell’intervento panificatorio) e, ovviamente, l’Autodromo di Vallelunga, possiede un evidente interesse naturalistico, oltre valori emblematico/culturali, valori scenici e panoramici, valori legati alla tradizione artigianale e agro-alimentare. Filiere importanti che emergono nel contesto progettuale, con peso relativo e funzionale al sistema motoristico.

È evidente che l’Autodromo costituisce il volano (l’attrattore) che spinge alla proposta progettuale e diviene, contestualmente, l’elemento da supportare dal punto di vista del richiamo turistico specialistico, tuttavia estenso a un tipo di turismo anche più eterogeneo.

Viene introdotto il concetto di Outlet e il passaggio dall’iniziale idea di Villaggio motoristico/commerciale a quella di Villaggio Globale della Motoristica è breve. Ciò che quest’area assoggettata a pianificazione e progettazione deve contenere, si suddivide facilmente in gruppi di insiemi urbanistico/formali: lo spazio destinato agli espositori, lo spazio per le attività commerciali (con predominanza dell’aspetto motoristico e dei servizi all’utente), lo spazio dell’accoglienza (esclusivamente relazionata alla funzionalità del sito) e quello dello svago, lo spazio della cultura, lo spazio del collezionismo.

E gli obiettivi del progetto? Eccoli:

definire un nuovo orientamento del mercato della motoristica, attraverso un’innovativa metodologia architettonico/strutturale che tende a superare ampiamente le logiche che investono ripetitivamente (e, ormai, senza effetto) gli Outlet italiani, fondata anche sul rispetto perentorio dell’ambiente naturale;

sviluppare nuove iniziative imprenditoriali, sia nel settore del commercio che dei servizi, contribuendo alla mitigazione del problema occupazionale nell’area del Comune di Campagnano di Roma;

creare nuove e diverse motivazioni di vacanza breve, destinate a elevare le presenze turistiche nell’area e, più estesamente, nell’intero territorio comunale;

offrire una spinta al recupero e alla promozione delle tradizioni locali, soprattutto in campo eno-gastronomico;

soddisfare quella richiesta che viene dalla potenziale clientela per la quale è importante che le proposte siano connotate da elementi di rarità, attraverso la valorizzazione dell’identità dell’area (polo motoristico).

Negli articoli che seguiranno illustrerò e motiverò le scelte progettuali, sia riguardo l’organizzazione (pianificazione) dell’area, sia riguardo le architetture dei volumi interni a essa. Nel mentre, la prima stesura (non ancora completa) del progetto può essere esaminata anche al sito dedicato http://www.citymotorvallelungaoutlet.it.

N. 2 – Il Progetto di una Chiesa

Sono dunque alla seconda riflessione della mia illustrazione riguardante la “Costruzione di un Progetto”. Ho già detto che si tratta del progetto di una Chiesa, ideato ed elaborato da me e dal collega Franco Lombardi.

E ho già detto che il significato della vera creazione progettuale è affidato all’idea. Qui mi concedo una brevissima parentesi relativa alla relazione, spesso trascurata, tra architettura e filosofia: una relazione che si concreta appunto nel momento, direi sacro, della ricerca dell’IDEA.

Dal punto di vista concettuale, per noi progettisti era dunque importante individuare un’ispirazione di partenza. Un riferimento che potesse essere tradotto in forma. E dove cercare l’ispirazione per una Chiesa se non nelle Sacre Scritture?

Leggendo e rileggendo passi dell’antico e del nuovo Testamento, siamo arrivati a individuare un concetto che ci era apparso particolarmente interessante e moderno, contenuto nel Capitolo 18 del Libro della Genesi: la funzione della “tenda di accoglienza”, poi rielaborata attraverso l’introduzione delle forme della Sukkà, ossia della capanna che accoglie la mensa ebraica, nell’intento di rappresentare il contemporaneo dialogo tra differenti religioni.

Contestualmente abbiamo studiato il luogo che avrebbe dovuto ospitare l’opera. Si tratta di un ampio slargo, delimitato su tre lati da edifici di livello qualitativo estremamente penalizzante. La sfida che si si poneva era quella di giungere a una definizione formale di forte d’impatto e, ovviamente, contrastante l’edilizia circostante. Un’opera, in altri termini, in grado di abbattere l’attrazione visiva verso il pregresso. Il fatto stesso che si trattasse di un immobile destinato ad accogliere una funzione collettiva, aiutava in questo genere di sfida. Il rischio che la Chiesa potesse essere “ingabbiata” nel contesto delle preesistenze a tre piani, doveva essere superato anche tramite la maggiore altezza.

Nessun’alternativa, invece, per il posizionamento. Dati i vincoli urbanistici e archeologici, la Chiesa doveva essere collocata in una precisa posizione, peraltro in aderenza alla struttura posteriore, già esistente, dei locali pastorali.

Avendo, dunque, come riferimenti la tenda per la Mensa Eucaristica e la Sukkà ebraica, nonché avendo ben chiaro ogni possibile vincolo, abbiamo prodotto moltissimi schizzi a matita, li abbiamo confrontati, ne abbiamo discusso, fino a individuare quello che più ci pareva convincente e vicino alle nostre ispirazioni. Schizzi buttati su fogli d’ogni tipo, in ogni momento della giornata, come questi:

Dall’idea, dunque, alla prima scelta formale, solo abbozzata.

Un percorso qui narrato sinteticamente, che invece ha richiesto mesi di studio e di approfondimento, grande passione e concentrazione. Fino al convincimento.

Un percorso affascinante che sarà descritto e illustrato dettagliatamente nell’e-book.

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