Elodia Rossi

N. 5 – Il Progetto di una Chiesa

Senza girarci troppo intorno, data la contrazione espressiva che richiede un articolo, tramite qualche render vi mostro il risultato formale delle attività progettuali architettoniche relative alla Chiesa.

Ogni approfondimento, come più volte detto, sarà riportato nell’ebook.

Chiesa: vista frontale diurna

 

Chiesa: vista frontale notturna

 

Le due immagini del fronte, l’una diurna e l’altra notturna, mostrano la responsabilità che possiede il gioco illuminante all’interno di questo progetto. Ma si tratta di una Chiesa e, per sua funzione, il rapporto con la luce assume sostanziale importanza.

Le fessurazioni finestrate (con costante larghezza pari a cm 28 circa, e a differenti notevoli altezze: da cm 700 a cm 1100 circa per l’Aula Liturgica principale), oltre a contribuire alla restituzione della segmentazione delle forme singole a Sukkà (richiamandone l’evocazione), definiscono rapporti di luce tra interno ed esterno dell’edificio. Concetto che vale anche per le fessurazioni orizzontali, poste a segmentare la copertura dell’edificio.

Chiesa: vista interna Aula Liturgica

Questa nuova renderizzazione mostra l’interno dell’Aula Liturgica e la logica scelta per l’illuminazione. Sostanzialmente, abbiamo adottato tre tipologie di corpi illuminanti:

  1. quelli a terra e incassati nella pavimentazione, con proiezione dal basso, e posti in corrispondenza delle fessurazioni finestrate,
  2. quelli a sospensione, che utilizzano le assi della travatura reticolare per il passaggio dei cavi e la distribuzione all’interno dell’Aula,
  3. quelli a faretto direzionale, nascosti all’occhio del fruitore e destinati all’illuminazione puntuale e suggestiva dei Poli Liturgici: Altare, Ambone, Fonte Battesimale, Sede del Celebrante, oltre che Tabernacolo (questo posizionato all’interno della Cappella Feriale, come da norme CEI).

Il gioco degli incroci di fasci di luce è stato possibile attraverso l’impiego di faretti multipli. Un particolare magnetismo percettivo è affidato al Crocifisso marmoreo e monocromatico posizionato in fondo al Presbiterio. Qui abbiamo scelto di utilizzare luce artificiale proveniente dal basso, luce naturale proveniente dai lati e dall’alto, quest’ultima anche incanalata nel parallelepipedo generato dall’impennata dei setti della Chiesa, laddove raggiunge la sua massima altezza.

Chiesa: vista d’insieme dal retro

L’immagine renderizzata del retro della Chiesa mostra la posizione, tra l’altro, del corpo della Cappella Feriale e di quello del Luogo per le Confessioni. Il confronto tra questa immagine e l’analoga precedentemente riportata nell’articolo “Un Progetto: la Forma”, suggerisce quali miglioramenti siano intervenuti nel corso della fase di perfezionamento formale.

Propongo una riflessione sul tema del rapporto tra scelte formali e materiali. Già precedentemente ne ho parlato, chiarendo le motivazione dell’impiego del calcestruzzo armato, con additivi coloranti per una restituzione tendente al bianco.

Ma anche l’impiego della travatura, quale elemento strutturale, trova una relazione esplicita con aspetti funzionali (l’uso dei cavi perla distribuzione dei corpi illuminanti) e, ovviamente, formali.

E cosa dire della sagomatura laterale dei pannelli di copertura per la raccolta delle acque meteoriche?

Tanti possono essere gli esempi e altrettante le relazioni.

Insomma: forma e funzione, struttura e materiali, sono rapporti che generano un’interfaccia continua con i valori dell’estetica.

N. 4 – Il Progetto di una Chiesa

Quarta riflessione pratica per la “Costruzione di un Progetto”: la scelta dei materiali.

Dunque parlerò brevemente del percorso di analisi e di scelta dei principali materiali di costruzione . Chiarisco che la scelta dei materiali è derivata da motivi di riflessione lungo tutto il periodo di costruzione del progetto. Averne raccolto, seppur sinteticamente, i risultati in un solo articolo ha costituito una mera necessità illustrativa.

La scelta accorta dei materiali, ricordatelo, è condizione di successo di ogni progetto.

La forma adottata per la Chiesa richiamava due possibilità a livello strutturale. L’una era costituita dall’impiego del cemento armato, l’altra dall’uso del solo acciaio. Avere chiarezza fin da subito di quale strada avrebbe intrapreso lo strutturista, rappresentava una necessità per poter ragionare attentamente su alcuni elementi di perfezionamento della forma complessiva e delle rifiniture.

Vincolati dalla spesa disponibile per l’edificazione, seppur a malincuore abbiamo dovuto cedere all’uso del calcestruzzo armato per fondazioni e strutture in elevazione, fatta salva la copertura. A questo punto, ci siamo orientati al cemento faccia vista, nel quale introdurre additivi coloranti, per ottenere un risultato tendente al bianco.

Per la copertura, il discorso cambiava. Cambiavano i ragionamenti. Difatti eravamo in area sismica e la campata (ossia la distanza tra i due setti portanti) massima della Chiesa, in corrispondenza dell’Aula Liturgica principale, era di circa 24 metri. Avendo l’obbligo (dalle norme sulle Nuove Chiese della CEI) di lasciare libera l’Aula in pianta, la soluzione del calcestruzzo armato in copertura era impossibile da adottare. Di qui è derivata una lunga analisi di materiali più idonei.

La scelta di utilizzare una travatura reticolare spaziale, lo confesso, ci aveva convinti fin da subito. E gli schizzi di partenza già lo dimostravano. Non abbiamo mai pensato a una di quelle travature invadenti, eccessive. Piuttosto a una struttura reticolare sottile, non aggressiva ed elegante. Ci avrebbe favoriti anche nel passaggio dei cavi per le esigenze di illuminazione dell’Aula.

Numerosi incontri presso fornitori di travature hanno dato vita all’idea di impianto da noi pensato.

A questo punto, bisognava trovare il modo di definire la copertura al di sopra dell’elemento reticolare strutturale. Indagini approfondite, colloqui con ditte di produzione, analisi costi/benefici, ci hanno portati a scegliere un sistema a pannellature di alluminio coibentate con poliuretano. In particolare, ci aveva convinti il sistema Megaroof della Hedar (se volete approfondire, visitate il sito: http://www.hedar.it/). Soluzione ecocompatibile, con ottimo potere fonoisolante, adeguata trasmittanza e con risultato estetico convincente. Decidemmo che ogni pannello dovesse avere una lieve curvatura, con massima altezza al centro, così da facilitare la discesa delle acque meteoriche. E decidemmo che in corrispondenza dei limiti esterni di ogni pannellatura fossero create incanalature per la raccolta acquifera, da collegare a discendenti interni ai setti.

Molti approfondimenti hanno riguardato le modalità di collegamento della copertura con i setti, fattori che saranno ben spiegati nell’ebook.

La struttura di ogni pannellatura, corrispondente a ognuno dei segmenti evocativi del Sukkà, doveva essere lavorata in laboratorio, sagomata e portata sul cantiere per essere montata. Lo spazio del piazzale permetteva, seppur con qualche costrizione, di accogliere tir per il trasporto e gru per il montaggio. Decidemmo che le opposte facce in alluminio dovevano essere laccate di bianco opaco, quale voluta continuità percettiva con i setti.

Diversamente, per la copertura della Cappella Feriale e del luogo della penitenza (ricorderete, posizionate a destra e sul fondo), le dimensioni delle massime campate permettevano l’uso di solai in calcestruzzo armato alleggerito.

Giunti qui, la forma della Chiesa andava perfezionata nel dettaglio, anche metrico. Ecco quello che, a seguire, ne era risultato in pianta, ai tre livelli (terra, travatura, copertura).

Insomma, la Chiesa aveva finalmente raggiunto un buon livello di approfondimento progettuale.

Ai materiali di rifinitura, sia interna che esterna (pavimentazioni, abbellimenti, arredi, elementi di illuminazione, e via dicendo) dedicherò un altro articolo.

N. 3 – Il Progetto di una Chiesa

Terza riflessione pratica per la “Costruzione di un Progetto”: si passa alla definizione della forma.

L’idea individuata per dare corpo alla Chiesa, come sinteticamente rappresentata nell’articolo “Il Progetto: l’Idea”, doveva poi tradursi in forma compiuta.

Il primo passo è stato quello di disegnare e ridisegnare più volte, sia continuando a schizzare, sia trasformando gli schizzi in primi elaborati metrici, la forma appena accennata a seguito dell’individuazione dell’idea.

Le dimensioni venivano dallo spazio utilizzabile dello slargo di accoglienza. Fatti salvi i vincoli urbanistici (in particolare, il rispetto delle distanze dalle preesistenze e dall’arteria di collegamento passante perpendicolarmente al fronte) sapevamo che le dimensioni massime, in larghezza e in lunghezza, erano di circa 24 metri ciascuna.

Le disposizioni della Conferenza Episcopale Italiana sul tema, raccolte nel documento “La Progettazione di Nuove Chiese”, insistevano sull’importanza di conferire una forma innovativa all’Aula Liturgica Principale, tendendo a favorire il raccoglimento dell’assemblea intorno al Presbiterio. Una sottile indicazione che riportava costantemente all’adozione di forme circolari. Cosa che a noi progettisti non piaceva, anche in ragione dell’odierno e massiccio proliferarsi di Chiese tondeggianti, spesso ripetitive. Dunque ci siamo trovati di fronte a una nuova sfida: cercare il modo di superare questo vincolo con una soluzione diversa, più interessante e nuova.

La scelta dell’intersecazione delle sagome del Sukkà ci veniva in aiuto. D’altro canto, anche la prima delle forme schizzate (l’ultimo degli schizzi resi visibili nell’articolo precedente) già percorreva la strada di un’evocativa circolarità, conseguita tramite una differente elaborazione formale.

Modellando e rimodellando, siamo arrivati a capire quale poteva essere la migliore delle soluzioni. Il tutto era reso possibile attraverso le diverse dimensioni – non solo in larghezza e in altezza, ma anche in lunghezza – delle sagome del Sukkà. Il contenitore che ne era derivato raccoglieva l’Aula Liturgica principale.

A questo punto, dovevamo collocare gli altri ambienti fondamentali del corpo Chiesa. In particolare, la Cappella Feriale e il luogo delle confessioni, visto che le norme CEI ne imponevano la separazione, sebbene con collegamenti interni. La volontà di non sacrificare il fronte dell’edificio, ci ha portati a posizionare i due nuovi corpi sul lato destro, verso il fondo, dove le sagome del Sukkà andavano a restringersi. Anche per questi nuovi volumi abbiamo utilizzato l’ispirazione delle intersecazioni a Sukkà, giocando con differenti dimensioni.

C’era poi da stabilire posizione e forma del campanile. Evocando alcuni egregi esempi del passato, per dare un segnale di continuità funzionale, abbiamo deciso di separare il corpo Chiesa da quello del campanile. Così lo abbiamo collocato sul fianco destro, in linea col fronte.

Un lavoro enorme, attento, che però ci ha ripagati emotivamente. L’edificio immaginato ci sembrava organico, ben concepito, innovativo nella forma.

Abbiamo allora lavorato con strumenti di renderizzazione immediata, così da trovare conferma alle nostre aspettative. Ciò che ci appariva era, per noi, soddisfacente. Ma c’era ancora molto da studiare, pensare, articolare, rifinire, definire. E avrete modo di valutarne l’evoluzione.

Vi lascio esaminare un paio dei primi render.

  

I corpi a sagoma parallelepipeda sono le preesistenze, incluso quello addossato alla Chiesa, sul retro (contenente, tra l’altro, la Casa Canonica che è stata da noi ripensata internamente).

Alla prossima puntata.

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