Elodia Rossi

Materiali da costruzione

Dopo aver parlato del Progetto Architettonico (all’interno della sub categoria “per futuri architetti”) e delle relative modalità di definizione – ossia dall’idea al progetto compiuto – introduco una nuova serie di articoli sul tema dei materiali da costruzione. Si tratta di consigli rivolti a tutti, relativi all’impiego di materiali destinati alle finiture e agli isolamenti, partendo da quelli di nuova generazione. Più avanti tratterò anche alcuni materiali che chiamerò nobili, ossia puri e derivati direttamente dalla natura, come marmi e pietre più o meno dure.

Il mio approccio al tema sarà quello di suggerirne il corretto utilizzo, oltre spiegarne brevemente le caratteristiche, sperando di contribuire a evitarne usi impropri e inadatti alla contemporaneità.

Le nuove frontiere dei materiali edili per finitura (e non solo) sono davvero molto vaste e particolarmente interessanti. Purtroppo però vengono frequentemente adoperati per simulazioni di materiali nobili, cosa davvero sorprendente e inefficace anche dal punto di vista del risultato. Questo vale tanto per l’immediatezza quanto per il divenire. Si dice che il tempo è galantuomo: nulla di più vero per casi del genere. I materiali nobili, quelli autentici, subiscono l’età che, per certi versi, li rende straordinari e ineguagliabili. Non è lo stesso per quelli di nuova generazione. Il loro valore ha mete differenti e altrettanto importanti.

E che pensare dei finti invecchiamenti? L’ho già detto in precedenza (Rif. Articolo Architettura Contraddetta): non c’è niente di più squallido della finzione. Evitiamola.

N. 4 – Il Progetto di una Chiesa

Quarta riflessione pratica per la “Costruzione di un Progetto”: la scelta dei materiali.

Dunque parlerò brevemente del percorso di analisi e di scelta dei principali materiali di costruzione . Chiarisco che la scelta dei materiali è derivata da motivi di riflessione lungo tutto il periodo di costruzione del progetto. Averne raccolto, seppur sinteticamente, i risultati in un solo articolo ha costituito una mera necessità illustrativa.

La scelta accorta dei materiali, ricordatelo, è condizione di successo di ogni progetto.

La forma adottata per la Chiesa richiamava due possibilità a livello strutturale. L’una era costituita dall’impiego del cemento armato, l’altra dall’uso del solo acciaio. Avere chiarezza fin da subito di quale strada avrebbe intrapreso lo strutturista, rappresentava una necessità per poter ragionare attentamente su alcuni elementi di perfezionamento della forma complessiva e delle rifiniture.

Vincolati dalla spesa disponibile per l’edificazione, seppur a malincuore abbiamo dovuto cedere all’uso del calcestruzzo armato per fondazioni e strutture in elevazione, fatta salva la copertura. A questo punto, ci siamo orientati al cemento faccia vista, nel quale introdurre additivi coloranti, per ottenere un risultato tendente al bianco.

Per la copertura, il discorso cambiava. Cambiavano i ragionamenti. Difatti eravamo in area sismica e la campata (ossia la distanza tra i due setti portanti) massima della Chiesa, in corrispondenza dell’Aula Liturgica principale, era di circa 24 metri. Avendo l’obbligo (dalle norme sulle Nuove Chiese della CEI) di lasciare libera l’Aula in pianta, la soluzione del calcestruzzo armato in copertura era impossibile da adottare. Di qui è derivata una lunga analisi di materiali più idonei.

La scelta di utilizzare una travatura reticolare spaziale, lo confesso, ci aveva convinti fin da subito. E gli schizzi di partenza già lo dimostravano. Non abbiamo mai pensato a una di quelle travature invadenti, eccessive. Piuttosto a una struttura reticolare sottile, non aggressiva ed elegante. Ci avrebbe favoriti anche nel passaggio dei cavi per le esigenze di illuminazione dell’Aula.

Numerosi incontri presso fornitori di travature hanno dato vita all’idea di impianto da noi pensato.

A questo punto, bisognava trovare il modo di definire la copertura al di sopra dell’elemento reticolare strutturale. Indagini approfondite, colloqui con ditte di produzione, analisi costi/benefici, ci hanno portati a scegliere un sistema a pannellature di alluminio coibentate con poliuretano. In particolare, ci aveva convinti il sistema Megaroof della Hedar (se volete approfondire, visitate il sito: http://www.hedar.it/). Soluzione ecocompatibile, con ottimo potere fonoisolante, adeguata trasmittanza e con risultato estetico convincente. Decidemmo che ogni pannello dovesse avere una lieve curvatura, con massima altezza al centro, così da facilitare la discesa delle acque meteoriche. E decidemmo che in corrispondenza dei limiti esterni di ogni pannellatura fossero create incanalature per la raccolta acquifera, da collegare a discendenti interni ai setti.

Molti approfondimenti hanno riguardato le modalità di collegamento della copertura con i setti, fattori che saranno ben spiegati nell’ebook.

La struttura di ogni pannellatura, corrispondente a ognuno dei segmenti evocativi del Sukkà, doveva essere lavorata in laboratorio, sagomata e portata sul cantiere per essere montata. Lo spazio del piazzale permetteva, seppur con qualche costrizione, di accogliere tir per il trasporto e gru per il montaggio. Decidemmo che le opposte facce in alluminio dovevano essere laccate di bianco opaco, quale voluta continuità percettiva con i setti.

Diversamente, per la copertura della Cappella Feriale e del luogo della penitenza (ricorderete, posizionate a destra e sul fondo), le dimensioni delle massime campate permettevano l’uso di solai in calcestruzzo armato alleggerito.

Giunti qui, la forma della Chiesa andava perfezionata nel dettaglio, anche metrico. Ecco quello che, a seguire, ne era risultato in pianta, ai tre livelli (terra, travatura, copertura).

Insomma, la Chiesa aveva finalmente raggiunto un buon livello di approfondimento progettuale.

Ai materiali di rifinitura, sia interna che esterna (pavimentazioni, abbellimenti, arredi, elementi di illuminazione, e via dicendo) dedicherò un altro articolo.

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